4 maggio, al via la fase 2: Siamo davvero sicuri?

(di John Blackeye) L’italiano medio non ha bisogno di tanti fronzoli e rassicurazioni così la fase due l’ha cominciata già da una settimana visto che le città deserte si sono improvvisamente popolate di auto che sfrecciano a tutta velocità.

Si perché, nonostante per strada le automobili siano comunque relativamente poche e il traffico quasi inesistente se si paragona a quello del tempo ordinario, in cui per andare da un semaforo all’altro ci puoi impiegare anche mezzora, a Roma, ad esempio, i romani continuano a sfrecciare anche se il traffico è del tutto regolare. E allora vedi, anche ai tempi del coronavirus, i romani devono sfrecciare a tutta velocità facendo zig zag tra le corsie del grande raccordo anulare e se invece sono impegnati alla guida in città, corrono come matti senza sapere nemmeno perché. Sono nati nel traffico, non conoscono un altro modo di essere alla guida, devono correre.

Il passo poi dalla fase due alla fase tre, in attesa dei soliti decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri che sanciranno la riduzione delle restrizioni,  è stato fatto in un giorno. Sabato venticinque aprile, infatti, erano oramai tutti per strada a cantare a squarciagola, a fare brindisi e picnic.

È stato sufficiente anticipare per televisione che ci sarebbe stato un calo sulle restrizioni che, gli italiani, che si fidano delle autorità politiche, non hanno atteso provvedimenti scritti e si sono riversati per le strade esclamando: “meno male che è finita!”

Ma che sia finita non lo stabilisce un Presidente del Consiglio dei Ministri e nemmeno un popolo stressato chiuso tra le mura di casa. Una guerra come questa non l’abbiamo mai combattuta e credere di aver vinto quando ancora oggi si contano più di 2300 nuovi contagiati e più di quattrocento morti, è un grave errore di valutazione che ci può costare caro.

A livello mondiale, tutti i Capi delle nazioni stanno cantando vittoria mentre il numero delle vittime continua a salire. Si vuole per forza chiudere questa partita con il virus che ci ha storditi negli ultimi tre mesi. In nome del Pil e dello spread occorre subito ributtarsi nel futuro, cioè nel passato, cercando di ricominciare da dove ci si era fermati.

Ma la guerra contro il virus non la si vince con una dichiarazione unilaterale. Non la si vince emanando un decreto. La guerra contro il virus la si vince quando si sconfigge il virus e, a oggi, il virus, solo in Italia ha contagiato più di duemilatrecento persone. Vuoi che queste persone non abbiano contagiato altri? E altri ancora? È chiaro che il focolaio non si è ancora spento ed è altrettanto chiaro che non si è riusciti a rispettare le misure di sicurezza e la distanza sociale se ancora oggi si contano tanti contagi. Ma pur sapendo che la pandemia è ancora in evoluzione, suggerendo metodi che non hanno funzionato, il Governo ha deciso che basta così. La Guerra è finita, andate in pace.

Pare che i responsabili dei Governi vogliano scrollarsi di dosso al più presto la pandemia ed in particolare quello italiano sta adottando soluzioni che mai potranno essere applicate. Il distanziamento sociale sui mezzi pubblici in una città come Roma dove sopra ogni bus ci sono almeno quindici immigrati africani che si muovono senza biglietto nelle più disparate direzioni, non sarà proprio possibile. Così, il quattro maggio potrebbe non essere ricordato come il giorno della ripartenza ma come quello dell’armistizio nei confronti di un virus che non ha nessuna intenzione di andarsene da solo. È una resa dello Stato. I politici ci vogliono provare. Le pressioni dell’industria sono forti e allora vada a farsi benedire la salute.

Potrebbero riaprirsi altri focolai e quello che è successo in Lombardia potremmo vederlo succedere  altrove ma la produzione industriale avrà rialzato il livello del Pil anche se a quel punto, di una benedizione, ne avrà bisogno il popolo italiano.

4 maggio, al via la fase 2: Siamo davvero sicuri?