Il virus si diffonde velocemente, gli indici Rt ogni giorno aumentano i loro valori, i pazienti in terapia intensiva sono più numerosi, ad oggi circa 700. Si riaffaccia quindi la necessità di poter avere a disposizione un numero di terapie intensive importante. A inizi della prima ondata della pandemia le terapie intensive erano poco più di 4500 sparse su tutto il territorio nazionale, la maggior parte al centro nord. Oggi dopo gli interventi del governo se ne contano poco meno di 8300, un numero che potrebbe non bastare con la seconda ondata della pandemia che si presenta apparentemente più contagiosa alle porte di un lungo inverno.
Di fronte ad uno scenario le cui premesse portano a pensare ad una prossima fase drammatica della lotta al coronavirus, montano le polemiche tra governo centrale e presidenti delle regioni.
“Non siamo in una fase drammatica, i ventilatori sono nella disponibilità delle regioni”, afferma il commissario Domenico Arcuri. Gli fa eco il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia che ai governatori lancia un appello : “Dovete attivare tutti i ventilatori polmonari che abbiamo distribuito. Possiamo arrivare fino a l0mila posti in terapia intensiva immediatamente disponibili”.
La Repubblica riporta le accuse di Arcuri: la Lombardia è tra le regioni che non ha attivato tutti i ventilatori, dei 383 ventilatori ne ha montati solo 122. L’assessore alla Salute Gallera risponde al vetriolo: “I ventilatori li stiamo usando tutti, per l’estensione delle terapie intensive Arcuri non ha ancora individuato chi deve fare i lavori negli ospedali, le uniche carenze sono le sue”.
Sono 1670 i ventilatori inviati alle regioni dal commissario per l’emergenza Arcuri ma a quanto pare sono ancora chiusi nei magazzini perchè non ci sono i medici ed infermieri per poterli mettere in funzione. Repubblica prende ad esempio l’Abruzzo: 123 posti prima della pandemia, solo 10 in più adesso nonostante i ventilatori consegnati siano 66.
La regione passa per quella con il tasso di saturazione più alto d’Italia ma il primario di Terapia intensiva de L’Aquila Franco Marinangeli spiega: “Siamo alla vigilia dell’emergenza, abbiamo sei posti di terapia intensiva Covid occupati, ne possiamo attivare fino a 30 posti, se ci dovesse essere necessità. Il motivo per il quale non apriamo altri moduli è legato alla difficoltà di reperire personale: e questa è un’emergenza nell’emergenza perché saremo costretti a trasferire personale da altri reparti con conseguente riduzione delle prestazioni per altre patologie”.
L’unica cosa certa è che gli scambi di accuse tra governo e regioni portano a pensare che ci sia ancora molta confusione, ovvero incapacità manifesta nell’affrontare la nuova ondata dell’emergenza pandemica che, questa volta, era stata ampiamente annunciata.