Le frasi chiave del presidente catalano Carles Puigdemont durante il suo primo intervento al Parlamento di Barcellona, dopo il referendum indipendentista del primo ottobre: “il primo ottobre la Catalogna ha celebrato un referendum per l’autodeterminazione in condizioni estreme. Le immagini di quel giorno resteranno nella nostra memoria per sempre, non le dimenticheremo. La risposta dello Stato spagnolo ad una richiesta pacifica è stata la repressione della polizia”. “Milioni di cittadini sono giunti alla conclusione razionale che l’unico modo per garantire la convivenza è che la Catalogna si costituisca come Stato. La Catalogna è stata umiliata quando ha tentato di modificare il suo statuto rispettando la Costituzione. L’autonomia è stata tagliata e resa irriconoscibile”. “Non abbiamo nulla contro la Spagna o contro gli spagnoli, al contrario, vogliamo trovare qualcosa di meglio. Finora la relazione non ha funzionato”. “Noi non siamo delinquenti, non siamo pazzi, non siamo golpisti. Siamo gente normale che chiede di poter votare”. “Tutti dobbiamo assumerci la responsabilità di ridurre la tensione. Noi non contribuiremo ad accrescerla, nè a parole nè con delle azioni”. “Assumo il mandato del popolo perchè la Catalogna si converta in uno Stato indipendente in forma repubblicana. Il Governo ed io proponiamo al Parlamento di sospendere gli effetti della dichiarazione di indipendenza per aprire un processo di dialogo con il governo spagnolo“.
Delusione fra i secessionisti catalani del Cup. I dieci deputati del partito della sinistra antisistema che sostengono il governo di Carles Puigdemont non hanno applaudito il discorso del presidente della Generalitat, che ha proclamato l’indipendenza ma l’ha sospesa per poter aprire un dialogo con Madrid. “La proclamazione non è andata come volevamo – ha detto in aula Anna Gabriel, deputata del Cup – oggi bisognava proclamare la repubblica catalana”. Intanto, scrive El Mundo, l’organizzazione giovanile Arran, legata al Cup, parla di “tradimento inammissibile” da parte di Puigdemont. Lo stesso sentimento di delusione si è registrato fra la folla degli attivisti per l’indipendenza che si erano radunati davanti ai maxischermi sistemati davanti al parlamento per sentire il discorso di Puigdemont. Agli applausi e gli abbracci nel momento in cui è stata proclamata l’indipendenza sono subito seguiti fischi quando il presidente della Generalitat ha annunciato la sospensione.
Nel frattempo la Guardia Civil spagnola ha indicato al magistrato responsabile delle indagini sul referendum di indipendenza catalano di avere sequestrato un documento nelle perquisizioni del 20 settembre in casa di un collaboratore del ‘governo’ che dimostrerebbe l’esistenza di una strategia segreta per arrivare all’indipendenza. Il documento, trovato in casa dell’ex-collaboratore del vicepresidente Oriol Junqueras, Josep Maria Jove’, detenuto per 48 ore, indicherebbe fra l’altro che il capo indipendentista prevedeva di arrivare ad un “conflitto con largo appoggio dei cittadini” per “generare instabilità politica ed economica” e costringere Madrid a negoziare una separazione o un referendum concordati. Il portavoce del governo catalano Jordi Turull ha negato che quello trovato dalla Guardia Civil sia un documento dell’esecutivo ed ha indicato di non esserne a conoscenza. Jove’ ha presentato una denuncia alla Corte europea dei diritti umani contro la Spagna denunciando di essere stato arrestato illegalmente.
La reazione del Governo italiano
Così il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, secondo quanto riferisce un comunicato della Farnesina. “Abbiamo in queste ultime settimane – prosegue il ministro – più volte invitato la Catalogna a impegnarsi in un processo condiviso e costruttivo con Madrid, volto a salvaguardare l’unità del Paese, nel rispetto delle prerogative autonomiste previste dalla Costituzione spagnola. L’Italia ritiene pertanto inaccettabile la dichiarazione unilaterale di indipendenza e rigetta ogni escalation. Esprimiamo la nostra fiducia nella capacità del Governo spagnolo di tutelare l’ordine e la legalità costituzionali e, di conseguenza, di garantire il rispetto dei diritti di tutti i cittadini.