Guardiamo al 40 per cento alle prossime urne. Un risultato già raggiunto alle Europee e anche al referendum. Poca voglia di parlare di politica e di esprimersi ‘in politichese’, il viaggio che toccherà quasi tutte le province italiane è all’insegna dell’ascolto, non della campagna elettorale. Ma il segretario dem, durante le prime tappe di ‘Destinazione Italia’, con i suoi si sofferma sullo schema di gioco premettendo che quel 40% serve proprio ad evitare le larghe intese. In Europa l’asse è con Macron, “dopo aver incontrato Obama a fine mese a metà novembre sarò all’Eliseo”, confida. Si tratta di un asse per la crescita, per avere quel margine fiscale ed intervenire nella prossima legislatura con misure a favore dei cinquantenni che perdono il lavoro, per allargare la misura degli 80 euro anche ai ceti medi, per nuovi incentivi per il jobs act, più in generale per ridurre le tasse. In Italia, invece, lo schema prevede lo scontro tra tre poli: centrodestra, centrosinistra e M5s. “Un quarto non troverebbe spazio”, osserva Renzi, “anche se è prevedibile che una parte della sinistra estrema comunque scenderà in campo. Fratoianni aspetta di capire se lo farà con Montanari o anche con Mdp”.
Renzi però insiste sul concetto espresso alle celebrazioni del decennale del Pd: il corpo a corpo sarà con il centrodestra. Per il segretario dem nella logica dell’elettorato scatterà il ragionamento del voto utile. Io in un primo momento non volevo le coalizioni ma questa legge va in questa direzione e Grillo mi sembra fuori dalla partita nei collegi, ragiona l’ex premier. I sondaggisti – rileva Renzi – assegnano a Grillo la maggior parte dei collegi in Sicilia e in Campania ma non è così, non tengono conto che questa legge è come il primo turno delle amministrative, M5s sarà più basso.
L’ex presidente del Consiglio nicchia alla domanda sull’eventualità di aprire a primarie di centrosinistra ma più volte ribadisce di non volere “veti nei confronti di nessuno”. “Il Pd è aperto al dialogo con tutti”, è la premessa. Da Mdp fanno sapere che un confronto sul programma può anche partire, ma solo se prevede la discontinuità e una nuova leadership. Renzi non risponde alle provocazioni, ripete di essere in una fase zen, non replica a chi gli ricorda le posizioni di D’Alema. Ma la sfida è sui contenuti. Ed è una sfida che in qualche modo ha il sapore della rivincita dopo aver abbandonato palazzo Chigi all’indomani della sconfitta sul referendum. Renzi non dice nulla sul suo futuro ma avviando il confronto con il Paese il segretario dem si prende una sorta di seconda chance, difendendo allo stesso tempo a spada tratta ogni misura varata dal suo governo. Nessuna discussione, invece, sui nomi e candidati premier.