(di Massimiliano D’Elia) – Oggi scorrendo la rassegna stampa veniva quasi da ridere. Tutti, ma proprio tutti i partiti politici si rimbalzano accuse, meriti, proclami, offese e quant’altro. Insomma il classico teatrino post elettorale.
L’unico dato certo è che nessuno vuole ammettere pubblicamente la sconfitta, anche nella vittoria. Il partito che ha vinto è il partito degli elettori italiani composto dagli astenuti pari al 53,24% e dal M5S pari al 34,6% .
Chi non si è recato alle urne non lo ha fatto perchè distratto, ma perchè è convinto che il proprio voto, “libero”, nessuno lo meriti e soprattutto ha capito che non serve a nulla per cambiare il sistema.
Coloro che sono andati a votare, invece, sono quelli che non potevano fare a meno. Parliamo di militanti e di altri legati a vario modo e titolo alle coalizioni politiche. In sostanza l’italiano non si sente più rappresentato dagli attuali politici. Personalmente non andrei duro contro i politici, perchè loro sono italiani. E’ il sistema che non va proprio. La cultura italica è da cambiare.
Mi spiego. Ancora oggi il politico, ovvero l’italiano eletto, utilizza la posizione di rilievo pubblica per avere presa sul territorio, collegio elettorale. Inizia in questo modo una serie di relazioni, incontri, parole e parole e vane e vaghe promesse, il più delle volte mai mantenute. Il povero cittadino cerca il politico per poter fare qualcosa, per poter emergere sulla massa. Un posto di lavoro, una corsia preferenziale per una visita medica nell’ospedale blasonato, senza mai pagare un euro, questa è la prerogativa principale e tantissime altre richieste delle più assurde ed incredibili. L’italiano medio pensa che il politico, l’onorevole, possa fare e disfare tutto. Il politico si sente vivo perche’ cercato e adulato e il povero illuso cittadino si sente riguardato. Questa assurda sceneggiata e’ la politica. A quanto pare a noi italiani piace avere l’amico politico che siede nel posto importante. Spesso ce ne vantiamo apertamente.
Ma il “povero politico parlamentare?” Il parlamentare il lunedì è il venerdì non lavorano a Roma ma sul territorio. Lavoro? No, intesse una serie di incontri, partecipa ad eventi e manifestazioni. Tutte cose inutili, se pensiamo alle reali esigenze del nostro Paese. Il Parlamentare dal martedì al giovedì e’ a Roma e “lavora” in Parlamento, ovvero tre giorni a settimana, 12 giorni al mese, 132 giorni all’anno. Quanto detto e’ la politica un nulla che dovrebbe servire alla collettività. Gli unici che sono costretti a lavorare e pensare a come andare avanti sono i politici che siedono al Governo, loro “obtorto collo”, non possono esimersi dall’impegno istituzionale.
Gira un detto nei corridori dell’emiciclo: “ entrare qui e’ difficile, ma una volta dentro e’ davvero difficile uscirne”. Molti sono i politici che sono alla quinta legislatura e nessuno li conosce.
I costi generali della politica ammontano a circa 12 miliardi di euro l’anno. Parliamo di Parlamento, Regioni, Ordinarie, Autonome, Province, Città Metropolitane, Comuni e così via. Il costo è enorme per un Paese grande quanto la Florida.
Serve la politica? Bella domanda!
Mandare un rappresentante al Parlamento per avere leggi e provvedimenti a tutela del territorio di provenienza. Questo è il senso generale. Se il filo conduttore fosse diretto e biunivoco, si potrebbe davvero fare qualcosa per la collettività. Purtroppo tra il parlamentare e il territorio vi è la Regione, la Provincia e la Città Metropolitana e i singoli Comuni, il più delle volte retti da un colore politico diverso. Ecco qui è il dramma. La legge parte bene in parlamento, viene avversata, emendata nelle commissioni, viene ritardata perché mai e poi mai una legge buona per i cittadini deve essere il frutto di una sola parte politica.
Fatta la legge, poi vi e’ la corsa mediatica a legittimarsi la paternità. Ma non basta perché poi le regioni fanno come gli pare. Esempio la legge sui vaccini e l’autonomia regionale sulla Sanità.
Si crea il corto circuito nella maggior parte processi finali di applicazione delle leggi.
Altro riferimento emblematico e’ la proroga data dal Governo alle regioni per l’applicazione della Direttiva Comunitaria Bolkestein sul commercio ambulante. Il Governo ha varato un decreto legge che proroga la messa a bando delle licenze degli ambulanti fino a dicembre 2018. Proprio per cercare una soluzione interlocutoria. Un successo per la categoria. Peccato che molte Regioni, invece, in barba al Governo abbiano comunque messo a bando le licenze degli ambulanti per fare subito cassa.
Non esiste la certezza che una legge venga poi applicata nella sua totalità. Spesso viene interpretata.
Gli italiani non sono stupidi e hanno capito il fallimento della politica, non dei politici come tutti vogliono far credere. La burocrazia che va a pari passo con la corruzione ha sopraffatto l’ars politica. L’apparato amministrativo, messo in piedi per creare più posti di lavoro e sedie per i politici si è ritorto contro il sistema. Tutto oramai finisce nello stagno burocratici anche per lunghi anni.
Occorre avere il coraggio di iniziare ad eliminare apparati regionali e provinciali arcaici che servono a poco, sono solo dei postifici e come visto inutili per la collettività.
Gli italiani stanno avanti e hanno capito che serve una svolta epocale. Il Partito o la compagine politica che saprà leggere questa esigenza, avrà buone chance di vincere le prossime elezioni politiche.