La Polizia di Stato di Trento, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e la collaborazione dei poliziotti delle Squadre Mobile di Brescia, Verona e Vicenza, ha arrestato 16 soggetti di nazionalità nigeriana per traffico di droga.
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Trento – Direzione Distrettuale Antimafia- hanno permesso di disarticolare un’associazione criminale di matrice nigeriana, con base a Verona, ma dedita a controllare lo spaccio al dettaglio a Trento.
16 gli individui arrestati, di cui 13 uomini e 3 tre donne, quest’ultime particolarmente attive anche nello sfruttamento della prostituzione nel capoluogo scaligero. Parte dei proventi derivanti dal sesso a pagamento, venivano impiegati dai capi dell’organizzazione, un uomo ed una donna, rispettivamente madre e figlio residenti a Verona, per acquistare partite di eroina e cocaina a Vicenza.
La città del Palladio è stata individuata quale luogo in cui veniva stoccata la droga, pronta per essere consegnata ai corrieri che giornalmente da Verona si dirigevano a Trento.
Mentre, nel capoluogo scaligero risiedevano i vertici dell’associazione, ove i capi, madre e figlio, gestivano un negozio di prodotti etnici nigeriani nei pressi della fiera di Verona.
Nel corso delle attività investigative è stato accertato che proprio nella città scaligera si tenessero riunioni tra i capi ed i partecipi del sodalizio criminale per risolvere i conflitti, insorti tra i vari pusher, circa la suddivisione delle zone di spaccio a Trento nonché la suddivisone dei proventi della vendita di droga e la percentuale da accantonare per sostenere le spese legali dei consociati, nel caso fossero stati tratti in arresto.
Trento, era stato individuato dai capi del gruppo criminale nigeriano quale “piazza di spaccio”, in cui far confluire i numerosi pusher, carichi di sostanza stupefacente, per vendere la droga, in parte anche ingerita per sfuggire ai controlli della Polizia,
Nel capoluogo trentino, venditori e clienti si davano appuntamento giornalmente nei giardini di Piazza Dante nonché nelle vie antistanti lo scalo ferroviario. Agli spacciatori, prima di recarsi a vendere, venivano fornite istruzioni dai capi dell’organizzazione su come aggirare i controlli della Polizia.
In particolare, tenendo nella cavità orale le dosi di eroina da cedere, previo pagamento di una somma di denaro oscillante tra i 20 e 40 euro, in relazione al peso della singola dose, 1 grammo oppure 0,5 grammi. Non appena si fosse avvicinata un equipaggio della Polizia di Stato per effettuare un controllo, l’ordine prevedeva che le dosi fossero ingerite; cosicché all’atto della perquisizione il pusher risultasse privo della sostanza psicotropa.
Tuttavia anche questo espediente è stato aggirato dagli investigatori, intenti a riprendere con strumenti di videosorveglianza, il momento dello scambio con l’acquirente e tempestivi, laddove lo spacciatore avesse ingerito la droga, a portarli, d’intesa con la Procura della Repubblica di Trento, presso l’ospedale Santa Chiara per effettuare un esame diagnostico, tale da far emergere che avessero ingerito sostanza psicotropa.
Nel corso delle indagini, durate circa un anno, si sono verificati episodi in cui è venuta alla luce in maniera evidente la pericolosità, e lo spregio per la vita degli stessi partecipi dell’associazione, dell’intera compagine criminale disarticolata questa mattina.
In alcune occasioni la forza del vincolo associativo tra i vari pusher, è stata così forte da indurre questa ‘ultimi a non aver alcun timore di rivolgersi con tono arrogante, ed in alcuni casi anche minaccioso, agli agenti della Questura di Trento intenti nell’attività di controllo del territorio intorno alla stazione di Trento. Allo stesso modo sono state registrate azioni d’impeto dei pusher per sfuggire all’arresto, che ne hanno messo in pericolo la vita stessa di quest’ultimi.
In particolare, nel mese di luglio 2019, uno degli spacciatori, arrestato in flagranza perché colto a vendere eroina ad un giovane trentino, si è rivolto agli agenti della Questura di Trento, che lo stavano portando in carcere, dicendo: “….Sapete che sono uno spacciatore ma oggi con me non lavorate..” a testimoniare un’arroganza ed una presunzione di poter essere intoccabile.
Successivamente, nel mese di novembre 2019, un altro spacciatore, sempre organico al gruppo criminale nigeriano, che aveva finito di scontare la detenzione in carcere a Venezia un mese prima, per sfuggire all’arresto, dopo essere stato portato presso l’ospedale “Santa Chiara” di Trento perché espellesse le dosi ingerite, non ha esitato a buttarsi dal secondo piano del nosocomio, all’incirca 10 metri da suolo, per non essere portato in carcere, riportando due fratture a livello lombare. Tuttavia, una volta dimesso è stato accompagnato in carcere dalla Polizia.