La presenza di geni “Jolie” non sono responsabili della sopravvivenza di giovani donne dopo un cancro al seno. Questa la conclusione di uno studio condotto su circa 3 mila pazienti in Gran Bretagna e pubblicato su ‘Lancet Oncology’. Le mutazioni dei geni in questione, ribattezzati Jolie dopo la decisione dell’attrice di sottoporsi a interventi preventivi per evitare il cancro in virtù della scoperta di queste anomalie genetiche, impediscono al Dna di auto-ripararsi e aumentano il rischio di essere colpiti da tumore.
Non diminuiscono, tuttavia, le probabilità di recidiva dopo un cancro al seno: per le pazienti ‘under 40’ le chance di sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi sono le stesse delle pazienti senza i geni Brca1 e 2 mutati. L’équipe coordinata da Diana Eccles, dell’università di Southampton, ha seguito per 10 anni le cartelle cliniche di 2.733 donne fra i 18 e i 44 anni d’età, trattate per un cancro al seno in 127 ospedali del Regno Unito dal 2000 al 2008 e ha notato che il 12% è risultato portatrice della mutazione. Nell’arco del decennio, in generale 651 pazienti sono morte, e la presenza dei geni mutati non ha avuto effetti sulla sopravvivenza. Un terzo delle donne con i geni Jolie è stato sottoposto alla mastectomia bilaterale: l’intervento non sembra aumentare le chance di sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi, ma, secondo i ricercatori, potrebbe avere un effetto protettivo più in là negli anni.