Gli sviluppi politici e la ricostruzione dell’Iraq, il contributo dell’Italia alla stabilizzazione e allo sviluppo del paese e le opportunità per le imprese italiane: sono questi alcuni dei temi affrontati dall’ambasciatore italiano a Baghdad, Bruno Antonio Pasquino, nella sua intervista ad “Agenzia Nova”. Accreditato il 14 novembre del 2017, il diplomatico ha tracciato un bilancio dei primi tre mesi della sua missione. In questo periodo, l’ambasciatore ha potuto assistere “da osservatore privilegiato a una fase storica decisiva per l’Iraq”. Per Pasquino, i suoi primi tre mesi in Iraq sono stati di “grande interesse” a fronte degli importanti sviluppi a cui ha potuto assistere nel paese arabo. In primo luogo, la conclusione delle operazioni militari contro lo Stato islamico (Is) dopo la vittoria sul campo contro l’autoproclamato califfato, annunciata dal governo iracheno il 9 dicembre 2017. Tuttavia, ha sottolineato l’ambasciatore, l’Is continua a rappresentare una minaccia “in forma insurrezionale-terroristica”. Secondariamente, Pasquino ha potuto assistere al ritorno sotto il controllo delle autorità federali dei territori che, dal 2014 – sotto la pressione dell’Is – erano in mano alle milizie curde dei Peshmerga. Successivamente, il diplomatico italiano ha evidenziato l’importanza delle elezioni politiche in Iraq, fissate per il prossimo 12 maggio. A tal riguardo, Pasquino ha sottolineato che “tutti gli analisti considerano la campagna elettorale ‘decisiva’ per le sue conseguenze a breve-medio termine sul futuro di un paese così importante per gli equilibri della regione mediorientale”. Esaminando i principali sviluppi politici che interessano l’Iraq, Pasquino ha fatto riferimento alle elezioni del 12 maggio prossimo, al problema degli sfollati, allo sviluppo sostenibile e alla risoluzione della crisi nei rapporti tra il governo federale di Baghdad e l’esecutivo regionale curdo di Erbil. Per l’ambasciatore, sono queste alcune delle sfide più importanti che attendono il paese. Per quanto riguarda le elezioni, il diplomatico ha detto che il parlamento di Baghdad “ha ormai fissato la data al 12 maggio”. I partiti sunniti e curdi chiedevano il rinvio del voto, “giustificandolo soprattutto in ragione del numero enorme di sfollati interni (ad oggi, oltre 2,6 milioni secondo le rilevazioni delle agenzie Onu, confermate dallo stesso governo di Baghdad)”. Tuttavia, ha aggiunto Pasquino, le divisioni all’interno delle formazioni sunnite e curde “hanno indebolito il fronte” che proponeva di posticipare la consultazione elettorale. Dopo le elezioni, ha proseguito l’ambasciatore, chi governerà l’Iraq dovrà affrontare diverse sfide. Tra le questioni di maggiore importanza, vi è quella degli sfollati interni, ossia “del rientro in sicurezza di questa enorme massa di persone presso le rispettive residenze”. In secondo luogo, i territori sottratti al controllo dello Stato islamico andranno stabilizzati e ricostruiti. Sul fronte della sicurezza, ha continuato Pasquino, vi è “l’assorbimento nei ranghi delle Forze armate dei volontari appartenenti alle Milizie popolari (circa 150 mila armati)”. Nel futuro dell’Iraq vi è, inoltre, “il superamento delle divisioni tradizionali di questa società, formalmente auspicato da tutti i partiti, anche quelli che si richiamano ad un’appartenenza confessionale, etnica o religiosa”. Accanto alla stabilizzazione dell’Iraq, si colloca l’obiettivo dello sviluppo del paese. Le forze politiche irachene mirano, infatti, ad “assicurare uno sviluppo sostenibile ad una popolazione di fatto sottoposta ad un quarantennio di conflitti bellici”, ha affermato Pasquino. L’ambasciatore d’Italia in Iraq si e’ poi espresso sulla crisi tra Baghdad ed Erbil, avviata dal referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno indetto il 25 settembre 2017 dal governo regionale curdo. La questione “sembra essere in via di superamento”, ha dichiarato il diplomatico. Infatti, è stato ormai avviato il dialogo tra il governo federale e l’esecutivo regionale curdo, “sia a livello politico che tecnico per risolvere alcune questioni di immediato impatto sulla vita dei poco più di 5 milioni di cittadini curdo-iracheni”. In particolare, ha ricordato Pasquino, si tratta del mancato pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici dell’amministrazione curda, “oltre il 20 per cento della popolazione totale”. A tale questione, si affianca “il blocco dei voli internazionali nei due aeroporti in territorio curdo, Erbil e Sulaymaniyya”. Infine, ha evidenziato l’ambasciatore, non si deve “dimenticare, ovviamente, il dibattuto controllo delle fonti petrolifere e della loro commercializzazione all’estero”, tema su cui proseguono i colloqui tra il governo federale di Baghdad e l’esecutivo regionale curdo. Per quanto riguarda la ricostruzione dell’Iraq, Pasquino ha affermato che l’Italia avrà un ruolo da protagonista, in particolare nella Conferenza internazionale dedicata a tale tema che si terrà a Kuwait City dal 12 al 14 febbraio prossimo. Per l’ambasciatore, il vertice costituisce “il punto di partenza per il ‘nuovo’ Iraq”. A rimarcare l’importanza dell’evento, il diplomatico italiano ha ricordato la sua partecipazione alla Conferenza per gli aiuti alla Siria nel gennaio 2013. “Se in quel caso le nostre speranze di una pronta soluzione del conflitto si sono rivelate purtroppo eccessivamente ottimistiche”, ha detto Pasquino, nel caso della Conferenza di Kuwait City “non c’e’ dubbio che essa costituisca il punto di partenza per il ‘nuovo’ Iraq”. L’ambasciatore ha poi elogiato l’organizzazione dell’evento: “Bene hanno fatto gli organizzatori a puntare su tre giorni di intensi lavori, il primo dedicato alla società civile; il secondo al coinvolgimento del settore privato ed il terzo alle rappresentanze istituzionali”. Alla Conferenza sulla ricostruzione dell’Iraq, “l’Italia sarà protagonista in tutte e tre le giornate”, ha affermato Pasquino. La partecipazione italiana non sarà soltanto a livello governativo, ma vedrà presenti anche le organizzazioni non governative “che da anni operano in favore del popolo iracheno”, ha precisato il diplomatico italiano. Alla Conferenza di Kuwait City, parteciperanno, inoltre, “una quindicina di aziende” italiane già operanti in Iraq, ha aggiunto Pasquino. L’azione dell’Italia per la ricostruzione dell’Iraq interesserà diversi settori, ha affermato l’ambasciatore italiano a Baghdad. Ai tradizionali comparti dell’energia e delle infrastrutture, si affiancherà, infatti, il restauro e la tutela del patrimonio storico e archeologico dell’Iraq. In particolare, ha dichiarato Pasquino, l’Italia è tra i “pochissimi paesi” partecipanti alla Conferenza di Kuwait City che hanno proposto di utilizzare parte dei fondi raccolti anche per la ricostruzione del patrimonio storico e archeologico dell’Iraq. Il governo iracheno ha risposto all’iniziativa con “entusiastico sostegno”, ha sottolineato l’ambasciatore italiano a Baghdad. Con riferimento alle opportunità per le imprese italiane in Iraq, Pasquino ha affermato che queste saranno attive in ogni settore. La ricostruzione del paese arabo apre, infatti, diverse opportunità per le aziende italiane. A tal riguardo, il diplomatico ha riferito che, secondo le stime condivise dalla Banca mondiale, dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) e dal governo, le necessità per la ricostruzione delle sole aree liberate dal controllo dello Stato islamico “ammontano a circa 100 miliardi di dollari nel prossimo decennio”. Per quanto riguarda il settore energetico, il ministero del Petrolio di Baghdad “ha evidenziato progetti strategici per oltre una trentina di miliardi nei prossimi anni”. Secondo quanto affermato da Pasquino, le iniziative del dicastero riguarderanno la costruzione di nuovi oleodotti e raffinerie, l’ampliamento delle aree esplorative e lo sviluppo del settore gasifero, finora poco sfruttato. Inoltre, vi sono “giganteschi investimenti per la tutela ambientale”, ha detto l’ambasciatore d’Italia a Baghdad. Fin dalla prima guerra del Golfo (1990-1991) l’Iraq “è considerato da società di analisi internazionali il paese con il più grave problema di inquinamento per gli sversamenti petroliferi”, ha aggiunto Pasquino. A tale problema si affianca quello posto dal “flaring”, il fenomeno del “gas fuoriuscito dai pozzi che non viene riassorbito, ma bruciato nell’atmosfera”. Per il diplomatico, “basterebbe solo questo elenco di ‘massime’ priorità per giustificare l’interesse di oltre 1.200 aziende internazionali a partecipare alla ricostruzione dell’Iraq e tra queste non mancano le italiane, presenti in ognuno dei settori sopra ricordati”. Mentre le imprese italiane possono collaborare attivamente alla ricostruzione dell’Iraq, ha proseguito Pasquino, i militari italiani presenti nel paese svolgono un ruolo “straordinario” per la sua sicurezza, riconosciuto “a tutti i livelli dagli iracheni e dai partner stranieri”. Il diplomatico si è espresso sulla riduzione dei reparti italiani presenti in Iraq prevista dal governo di Roma per far fronte alle nuove esigenze di difesa. A tal riguardo, Pasquino ha dichiarato: “E’ stato lo stesso governo iracheno a chiedere alla Coalizione internazionale di adeguare la sua presenza alla realtà della minaccia non più ‘tattica’, ma di tipo insurrezionale-terroristico” posta dallo Stato islamico. In materia di sicurezza, vi è poi la questione dell’assorbimento delle milizie paramilitari irachene nei ranghi governativi. Per Pasquino, “questo è un passaggio cruciale per la pacificazione e stabilizzazione del paese”. In merito alla cooperazione militare tra Roma e Baghdad, l’ambasciatore ha sottolineato che, nelle diverse componenti delle sue Forze armate, l’Italia costituisce tuttora il secondo partner militare dell’Iraq. In particolare, Pasquino ha evidenziato che, “tra i 74 membri” della Coalizione internazionale, l’Italia ha avuto la leadership sulle attività di formazione delle Forze armate irachene e curde. “Senza retorica o esagerazione”, l’ambasciatore d’Italia in Iraq ha definito “il lavoro svolto finora dai nostri militari “straordinario”. L’elevata efficacia della presenza militare italiana in Iraq viene riconosciuta “a tutti i livelli dagli iracheni e dai partner stranieri”, ha proseguito il diplomatico italiano. Per Pasquino, nei primi tre mesi della sua missione a Baghdad, sono “sincero motivo di orgoglio i giudizi che ogni interlocutore ha espresso in merito al contributo italiano alla formazione professionale delle forze di polizia e dei militari federali e regionali, chiedendoci di proseguire con queste attivita’ nei prossimi mesi”. Tuttavia, la sicurezza dell’Iraq e dei suoi partner internazionali non può dirsi assoluta dopo la vittoria militare sullo Stato islamico. Il rischio del ritorno di foreign fighter dall’Iraq è “ben presente alle autorita’ di ogni Stato, anche l’Italia”, ha detto Pasquino. Il diplomatico ha aggiunto che l’autoproclamato califfato, seppur sconfitto militarmente, è ancora presente con sacche di resistenza nella parte occidentale e in alcune regioni centro-meridionali dell’Iraq. Al rischio posto da tali gruppi, contro cui proseguono le operazioni militari, si affianca la minaccia posta dai miliziani dell’Is che hanno lasciato l’Iraq. Per esempio, ha affermato Pasquino, “tutti gli analisti concordano sulla presenza di alcuni fuoriusciti stranieri dai teatri siriano ed iracheno nei recenti attentati in Afghanistan”. Pertanto, “non si può escludere che alcuni di questi elementi, invece di rimanere nella regione, decidano di rientrare nei paesi di origine, europei e non”, ha detto l’ambasciatore. A tal riguardo, Pasquino ha sottolineato che questo “è un rischio ben presente alle autorita’ di ogni Stato, anche l’Italia”. Tuttavia, l’azione di contrasto al terrorismo incontra dei limiti necessari. L’Italia, ha dichiarato Pasquino, rifiuta, infatti, la pena di morte, prevista dall’ordinamento iracheno, come sanzione per i reati di qualsiasi natura, non soltanto nei casi di terrorismo. Inoltre, il diplomatico ha reso noto che non risultano cittadini italiani tra i detenuti in Iraq. Recentemente, aveva fatto scalpore la condanna alla pena capitale di una jihadista tedesca di origine marocchina da parte delle autorità irachene. Inoltre, il primo ministro Haider al Abadi aveva dichiarato che gli stranieri che hanno militato nello Stato islamico catturati in Iraq verranno detenuti e processati nel paese, anche perchè al momento il suo governo non ha ricevuto richieste di consegna da parte degli Stati di nazionalita’ degli estremisti. Per quel che riguarda la pena capitale in Iraq, Pasquino ha affermato che, a dicembre del 2017, l’ambasciata italiana si è fatta promotrice con altri partner europei di un passo ufficiale nei confronti del governo iracheno per esprimere il rifiuto delle condanne a morte. L’iniziativa è stata posta in essere a seguito della condanna a morte di 38 detenuti. L’ambasciatore italiano a Baghdad ha sottolineato che gli Stati europei rifiutano la pena di morte “non solo nei confronti dei doppi cittadini iracheno-europei” detenuti in Iraq, ma anche “come sanzione per i reati di qualsiasi natura, terroristica e non”. Al termine della sua intervista con “Agenzia Nova”, Pasquino è intervenuto sul ruolo dell’Italia nella cooperazione allo sviluppo dell’Iraq. In tale materia, ha evidenziato l’ambasciatore, l’Italia è tra i primi partner del paese. Dopo circa 40 anni di conflitti e instabilità, le necessità “sono gigantesche”, ha sottolineato il diplomatico, richiamando le esigenze della ricostruzione e della stabilizzazione dell’Iraq. Tra le necessità che la cooperazione internazionale deve affrontare nel paese, Pasquino ha evidenziato che il 65 per cento della popolazione irachena è al di sotto dei 25 anni di età e che i “tassi di disoccupazione sono elevatissimi”. Pertanto, si rende necessario un impegno della Comunità internazionale protratto nel tempo. Nelle attività di cooperazione allo sviluppo, ha detto Pasquino, “l’Italia è tra i primi partner dell’Iraq in settori chiave come la sanità, la formazione tecnica, l’agricoltura”. Oltre agli ambiti tradizionali, ha aggiunto l’ambasciatore, il governo italiano è attivo in un altro settore della cooperazione di grande importanza per l’Iraq: la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico. L’opera di protezione e restauro è resa necessaria dai gravi danni subiti dai beni storici e artistici durante i conflitti che hanno interessato l’Iraq. “Per il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico ed archeologico della ‘culla della civilta” in Mesopotamia, del moderno Iraq”, ha affermato Pasquino, l’Italia si sta impegnando “piu’ di tutti” gli altri partner.