Conto alla rovescia per l’avvio della ‘grande trattativa’ del tutti con tutti che dalla prossima settimana vedrà impegnati in primis Movimento Cinque Stelle e Lega, vincitori nel ruolo di attori protagonisti per tentare una convergenza sulla nomina dei presidenti di Camera e Senato. Nel frattempo il presidente del consiglio Paolo Gentiloni è impegnato nei lavori di un def bipartisan che sia in grado di illustrare alla Ue entro il 10 aprile gli obbiettivi programmatici di politica economica credibile per l’Italia. Interlocutori delle doppie consultazioni della ‘grande trattiva’ tutti gli altri gruppi parlamentari: il Pd e Forza Italia in primis, Fdi e LeU non esclusi. Per il PD Lunedì la direzione dem volterà pagina chiudendo l’era Renzi per affidare la reggenza al suo vice Maurizio Martina. E nominando al contempo una delegazione di plenipotenziari su cui renziani e minoranze non hanno ancora trovato l’accordo. Quanto alle altre delegazioni, Salvini ha annunciato che sulle presidenze delle Camere tratterà in prima persona chiamando direttamente dalla prossima settimana ‘ tutti gli altri leader’: Di Maio, Berlusconi, Grasso e per i Dem Martina. Mentre Di Maio, che intende stare un passo indietro nella prima parte della trattativa per farne uno (o forse anche due) al momento finale, si è portato avanti. Oggi ha fatto proclamare allo squadrone di quasi 350 parlamentari M5s Danilo Toninelli e Giulia Grillo loro rappresentanti, ancor prima che i novelli deputati e senatori prendessero possesso dei loro seggi e dei loro uffici. Mercoledì Berlusconi farà altrettanto, stabilendo con i neoeletti Fi, la sua delegazione a trattare. Dopodichè la girandola delle consultazioni in parallelo e su più tavoli su presidenze Camere (termine ultimo il 23 marzo) e def (termine ultimo il 10 aprile) avranno inizio. Consentendo a Sergio Mattarella quando aprirà le consultazioni per il nuovo governo (la data segnata in rosso è lunedì 9 aprile, con possibile anticipo qualche giorno dopo Pasqua) di avere sul tavolo insieme ai numeri delle elezioni e dei gruppi parlamentari anche quelli delle maggioranza che avranno eletto dal 23 marzo in poi (al Senato massimo al quarto scrutinio, dunque sabato 24 o domenica 25 al massimo) le presidenze delle Camere. Uniti al dossier conclusivo sulle possibili intese che nel frattempo si saranno definite nella prima parte della ‘grande trattativa’.
DEF
Sul fronte def è presto detto: M5s e Lega hanno detto chiaramente che intendono chiedere e ottenere da Gentiloni un netto segnale di discontinuità in materia fiscale e di rapporti con i controlli Ue promessi ai loro elettori in campagna elettorale. A palazzo Chigi però sono tutt’altro che pessimisti sulla possibilità di trovare una soluzione gradita. E Berlusconi si è già offerto come mediatore. Il risultato che il premier, che dall’insediamento del nuovo Parlamento sarà dimissionario in carica per l’ordinaria amministrazione e non più con pieni poteri come oggi, conseguirà sul def, molto dirà della successiva partita sul programma del nuovo governo che si aprirà ad aprile.
Rosatellum
Tra gli accordi istituzionali sicuramente rientrerà la revisione del Rosatellum nel pacchetto dell’accordo per le presidenze delle Camere e delle Commissioni.
La base di partenza per cercare una traccia di intesa M5s-Lega-Pd-Fi per una nuova legge elettorale potrebbe essere, viene fatto notare, quel sistema elettorale alla tedesca con premio ribattezzato ‘Germanicum’ su cui Berlusconi, Renzi, Grillo e Salvini avevano trovato accordo la scorsa estate, portando la ‘legge Fiano’ (dal nome del relatore Pd che propose il sistema alla tedesca 50 proporzionale-50 maggioritario con soglia 5% e premio) fino all’approvazione in commissione a Montecitorio.
Con successivo naufragio in aula dopo un solo mese, per effetto del plotone di franchi tiratori che impedirono così una fine di legislatura anticipata di quel poco che però avrebbe determinato la non maturazione dei vitalizi.
Presidenza Camere
Per i nomi dei candidati alle presidenze del Parlamento, la definizione dei quali potrebbe diventare preliminare se prenderà piede la ‘grande trattativa’ comprensiva anche delle presidenze di commissione. Luigi Di Maio ieri era al Colle da Sergio Mattarella come vicepresidente della Camera in carica. E il suo studio a Montecitorio è e resta il suo quartier generale dove da oggi sarà raggiunto dal capo della Comunicazione M5s Rocco Casalino e dal suo staff targato Casaleggio associati, fino a ieri di stanza al Senato. Conferme ufficiali non ne sono arrivate ma fonti ben informate al piano alto di Montecitorio raccontano che Di Maio stesso viene considerato dai quattro maggiori gruppi parlamentare il nome più forte e adatto su cui puntare se la ‘grande trattativa’ andasse a buon fine. In ticket con un presidente del Senato leghista, con Roberto Calderoli che ha curriculum e apprezzamento bipartisan per la sua gestione dell’aula e del calendari.
Sarebbe un riconoscimento esplicito della vittoria elettorale di M5s e Lega e del loro definitivo sdoganamento dall’etichetta di forze anti sistema. Di Maio presidente della Camera con voto bipartisan, inoltre, viene fatto notare in ambienti del Carroccio, avrebbe un placet in più agli occhi del Quirinale per ottenere il primo incarico: un mandato esplorativo al presidente della Camera (anzichè al presidente del Senato come abitualmente è accaduto) trova in Nilde Iotti nel settennato Cossiga un altro – il terzo- autorevole precedente.
Se davvero la ‘grande trattativa’ avesse un esito finale positivo Di Maio avrebbe una parte di lavoro già abbozzata nel suo ruolo di incaricato. La traccia del def bipartisan messa a punto da Gentiloni. Se fosse accolta come base di un programma di governo minimale M5s avrebbe la possibilità di onorare il suo impegno con gli elettori. Chiedere a tutti il voto necessario per far partire il suo governo. Basato sull’astensione degli altri gruppi sulla fiducia e su maggioranze variabili sui singoli provvedimenti ma comune sulla legge di bilancio del primo anno. Perchè è quello l’orizzonte massimo che Salvini ha fatto sapere poter essere la durata della tenuta dell’eventuale ‘grande intesa’ al termine della grande trattativa. Volendo tornare a votare appena possibile con una nuova legge più maggioritaria alla testa di un centrodestra più omogeneizzato. Ma un anno è quanto serve al Pd e a Berlusconi l’uno per ridarsi un assetto e una identità e una leadership stabili, l’altro per essere ricandidabile e in campo. Con una variabile azzardata a mezza bocca se Di Maio da presidente della Camera incaricato diventasse poi presidente del Consiglio a tutti gli effetti tornerebbe a liberare la poltronissima di Montecitorio che a quel punto, per ordine di grandezza spetterebbe al Pd. Spingendosi qualcuno già a ipotizzare la staffetta Di Maio-Gentiloni fra i due palazzi limitrofi di Montecitorio e palazzo Chigi. Di contro, se il suo tentativo fallisse, Di Maio resterebbe comunque insieme al leghista Calderoli al vertice del Parlamento e protagonista della legislatura.