Il World Happiness Report redatto come ogni anno dall’Onu in occasione della Giornata mondiale della felicità che si celebra il 20 marzo e riferito alla classifica annuale dei Paesi più “contenti” del pianeta, vede, pur con qualche avvicendamento nelle posizioni, essenzialmente invariati i primi dieci posti, occupati dagli stessi paesi già dalle ultime due edizioni del Report in questione.
A proposito di avvicendamenti, il più significativo avviene proprio in testa alla speciale graduatoria.
Al primo posto quest’anno c’è la Finlandia che prende il posto della Norvegia, regina della passata edizione e relegata oggi alla seconda posizione.
Al terzo posto troviamo la Danimarca, seguita da Islanda, Svizzera e Olanda.
Occorre arrivare al settimo posto per trovare la prima nazione extra-europea in classifica, si tratta del Canada.
Gli Stati Uniti, nonostante la crescita economica dell’ultimo periodo, perdono quattro posizioni, scivolando dal 14º al 18º posto.
La nostra Italia compie un piccolo passo avanti e passa da 48º al 47º posto, un risultato decisamente deludente se confrontato a quelli ottenuti nel periodo pre crisi affrontato dal nostro Paese tra il 2008 ed il 2010.
Lo stato più infelice è il Burundi ma in Ruanda, Yemen, Tanzania, Sud Sudan e Repubblica Centrafricana si vive addirittura peggio che nella Siria, dilaniata da anni da una terribile guerra.
Il salto maggiore lo compie il Togo. Il fanalino di coda dell’ultima edizione riesce a scalare infatti bel 17 posizioni.
Ma cos’è che contribuisce a formare questa ambita classifica del vivere bene?
Iniziamo con il dire che in questo caso la cosiddetta “lente di ingrandimento” viene posizionata su 156 stati del mondo, e più specificatamente si misurano innanzitutto i loro classici fattori di benessere, quali il reddito, la salute, l’istruzione, il lavoro, le aspettative di vita e lo stato sociale, ma anche quelli relativi alla corruzione, alla libertà, alla fiducia nelle istituzioni e all’inclusione.
Al riguardo, Meik Wiking, direttore dell’Happiness Research Institute di Copenaghen, un istituto di ricerca indipendente che studia le cause della felicità umana, lavorando per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini, commenta così l’ottimo risultato ottenuto dalla Finlandia, considerato dai suoi cittadini un Paese stabile, sicuro e ben governato: “Il voto più alto alla Finlandia è significativo. Il Pil pro capite in Finlandia è più basso rispetto ai Paesi nordici vicini ed è nettamente inferiore a quello degli Usa” poi aggiunge: “I finlandesi sono bravi a convertire ricchezza in benessere. Nei Paesi nordici si pagano le tasse più alte del mondo ma c’è molto consenso nel pagarle perché vengono percepite come un investimento nella qualità della vita di tutti”.
Tornando all’Italia, appare evidente un solo fattore che rallegra i nostri pensieri. Il belpaese brilla per le aspettative di vita, salite in media, dai 70 anni fatti registrare nel 2000, ai 72,8 anni del 2015, vale a dire il terzo miglior dato dietro Giappone e Islanda.
Tuttavia, da quanto pubblicato sul documento dell’Onu, “I quattro Paesi più colpiti dalla crisi, Grecia, Italia, Spagna e Portogallo sono da tempo osservati speciali”, ma di questi solo Lisbona fa registrare “una piccola crescita”.
Per finire, la ricchezza non sembra “rallegrare” compiutamente gli USA sempre più afflitti a quanto pare da obesità, depressione e abuso di droghe oltre che una concreta e diffusa percezione, da parte della popolazione, di una crescente corruzione, a livello pubblico e privato, con la conseguente perdita di fiducia nelle istituzioni.
GB
Foto: NBC News