Afghanistan: L’intelligence Usa aveva avvisato Biden da tempo, ma la politica ha vinto sul pragmatismo

(di Andrea Pinto) La completa conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani è stata “improvvisa” e “inaspettata” solo per chi, negli ultimi mesi, non ha prestato attenzione alla lenta e progressiva implosione del Paese. Il tutto è iniziato lo scorso ottobre quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che le truppe americane avrebbero lasciato il Paese. Da quell’annuncio tutti gli analisti e gli osservatori internazionali hanno predetto quello che poi oggi si è verificato, il controllo del Paese da parte dei Talebani.
Infatti l’esodo delle famiglie afgane avviene da mesi e le recenti immagini scioccanti di uomini aggrappati agli aerei da trasporto americani, sono solo la coda di un disperata fuga dal Paese. La realtà dell’imminente presa di potere talebana è stata ampiamente letta dalle donne residenti nei grandi centri urbani che da mesi si stanno preparando al cambiamento bruciando i loro abiti occidentali e gettando via i prodotti per la cosmesi.


Nel frattempo, paesi come la Russia e il Regno Unito si sono attivamente preparati a trattare con i talebani come nuovi governanti dell’Afghanistan. Quasi cinque settimane fa, Ben Wallace, ministro della Difesa britannico ha annunciato che Londra era pronta a “lavorare con i talebani, qualora fossero saliti al potere”. Poco dopo, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha definito i talebani “nuovi attori razionali” e ha avvertito il governo afghano che rischiava di perdere il controllo del paese non cercando un accordo negoziato con i militanti talebani.

Da mesi ormai, tutti i principali quotidiani asiatici hanno condotto analisi su come sarebbe stata la regione dopo il ritorno dei talebani al potere. L’India infatti da tempo si sta preparando a diventare “uno stato in prima linea contro il terrorismo dei talebani 2.0” al potere. 2.0 perchè è sotto gli occhi di tutti l’evoluzione sostanziale del gruppo sia a livello tattico che strategico con sapiente utilizzo della comunicazione nell’ambito dell’informazion warfare.

Ogni Paese nelle immediate vicinanze dell’Afghanistan ha rinforzato le truppe in previsione della caduta di Kabul e di altri importanti centri urbani in tutto l’Afghanistan. Anche le Nazioni Unite avevano avvertito già il 22 luglio scorso che i talebani stavano guadagnando rapidamente terreno in tutto l’Afghanistan. Il 23 luglio, il direttore della CIA – Central Intelligence Agency – William Burns, secondo i vari rapporti dei suoi analisti, ha affermato che i talebani erano “militarmente più forti del 2001”, riconoscendo la possibilità che “il governo afghano sarebbe potuto cadere con l’avanzata dei talebani, in seguito al dispiegamento delle truppe Usa”. Il 22 luglio, il generale Mark Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff, ha avvertito la politica statunitense della possibilità di una completa conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani. Anche l’ex generale David Petraeus ha avvertito che senza la presenza delle truppe americane, le forze armate afgane avrebbero abbandonato le loro postazioni, sarebbero fuggite dai talebani, si sarebbero arrese senza sparare un colpo.

Allora perché l’attuale leadership politica degli Stati Uniti non ha ascoltato gli avvertimenti dei vertici delle sue forze armate e dei servizi di intelligence?

Non è la prima volta, è già avvenuto quando George Bush Jr. era determinato ad “esportare la democrazia” in Iraq nel 2003, nonostante fosse stato informato dall’intelligence che una tale mossa avrebbe scatenato una guerra civile tra sunniti e sciiti del paese.

Quando Barack Obama ha deciso di dichiarare la “fine della guerra” in Iraq nel 2013, nonostante le concrete preoccupazioni degli esperti di intelligence che una tale mossa avrebbe aiutato l’insurrezione sunnita e le avrebbe permesso di metastatizzare nello Stato Islamico.

Anche quando Donald Trump ha deciso di “riportare le truppe a casa” dall’Afghanistan nel 2020, nonostante gli fosse stato detto senza mezzi termini che così facendo avrebbe restituito il Paese ai talebani. Così The Donald mandò il suo capo del Dipartimento di Stato, Mike Pompeo a trattare gli accordi di Doha direttamente con i talebani. Oggi Biden ha detto che gli afgani (l’esercito ndr) non sono stati in grado di difendere il loro Paese dall’avanzata dei talebani. Ma come? Dovevano combattere contro i talebani, contro coloro che avevano un accordo con gli americani? Un controsenso unico e fuorviante, un modo per addossare le colpe di un fallimento ad un popolo, quello afgano, che si è trovato in mezzo a due egemonie, in diversi modi, ugualmente spietate e senza scrupoli, quella occidentale e quella talebana.

Le varie amministrazioni Usa che si sono succedute, in maniera bipartisan, quando hanno dovuto decidere su questioni di sicurezza nazionale ed internazionale hanno sempre dimostrato un netto rifiuto ad accogliere i suggerimenti dei loro funzionari dell’intelligence, ciò, solo e soltanto per meri calcoli di consenso politico senza mai valutare le ripercussioni sulla geopolitica anche se in ballo vi erano palesi violazioni dei diritti umani.

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