Il nuovo governo, ha riportato all’Italia “speranza” e “ricucitura del tessuto sociale”. Queste le due affermazioni forti che hanno caratterizzato la sintesi dei brevi interventi dei leader di governo, che abbandonando le rigide regole del cerimoniale e della sicurezza si sono riversati tra la gente.
In effetti, le persone assiepate ai lati dei Fori Imperiali, nella capitale, si sono riversati verso i ministri per osannarli al termine della parata militare per la Festa della Repubblica. Inizialmente il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è restato nella tribuna d’onore, stringendo mani ai sindaci. “Finora sono state fatte troppe chiacchiere, ora bisogna fare i fatti”, ha detto. Poi si è affacciato verso il pubblico, assicurando che ce la metterà tutta anche se, sottolinea, non ha “la bacchetta magica”. Insomma, vuole davvero essere “l’avvocato difensore degli italiani”, come si è definito. E le persone lo credono: sfilano davanti a lui, gli spiegano i loro problemi, sperano che siano risolti. Conte è effettivamente un avvocato, certo, ma non un inquisitore. “E’ sbagliato rappresentare l’Italia come un Paese di corrotti”, ha detto rivolgendosi ad alcuni presenti particolarmente arrabbiati verso la cosa pubblica. “Esistono episodi di corruzione come ce ne sono in altri Paesi”, ha sottolineato. Poi via, è sceso tra la folla, e non ha ascoltato gli uomini della sua scorta: al posto di usare l’auto di servizio, Conte ha infatti camminato per un buon tratto dei Fori, praticamente sino a Piazza Venezia, continuando a stringere mani e concedersi ai selfie. “Tenete duro, teniamo duro”, le sue parole d’ordine.
“Abbiamo regalato agli italiani la speranza, ha detto invece il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini. Ora dalla speranza bisogna passare ai fatti. C’è poco da festeggiare e tanto da fare. Ma c’è una bellissima squadra. Io domani sarò in Sicilia, è la nostra frontiera”. Insomma, il leghista andrà a vedere un confine caldo, che si sta scaldando ancor più con alcuni sbarchi dalla Libia.
Salvini si è anche impegnato a “lavorare ad accordi di rimpatrio con quei Paesi da cui vengono quelle migliaia di disperati che arrivano nel nostro Paese”. Senza tali accordi, il ministro sa bene che le sue promesse resterebbero irrealizzate. L’altro vicepremier, il ministro per il Lavoro Luigi Di Maio, ai Fori ha parlato di “ricucitura del tessuto sociale del Paese”. Analizzando la situazione politica, Di Maio ha detto “se non abbiamo unito l’Italia dal punto di vista geografico, sicuramente lo abbiamo fatto dal punto di vista delle istanze sociali”. Il leader pentastellato si è subito spostato al suo dicastero, promettendo una riscrittura del Jobs Act e della Legge Fornero. Ma sono soprattutto le persone comuni, con le richieste urlate verso i nuovi ministri, i veri protagonisti della cerimonia del 2 giugno. L’auspicio del capo dello Stato, affidato ad un messaggio alla ministra della Difesa Elisabetta Trenta, è di vedere “un Paese coeso e affidabile, capace di assumere responsabilità nella comunità internazionale”.