Arriverà domani, 4 gennaio, da parte del presidente della Camera, Roberto Fico, la convocazione del Parlamento in seduta comune per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, considerando che Sergio Mattarella si è insediato il 3 febbraio 2015. In base all’articolo 85 della Costituzione, infatti, ”trenta giorni prima che scada il termine’‘ del settennato, ‘‘il presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”.
Si conoscerà così con precisione quando inizieranno le votazioni. “Ci sono molti precedenti e la situazione generale, li guardiamo e deciderò la data“, ha annunciato Fico a metà dicembre, incontrando i giornalisti per gli auguri di fine anno. E proprio in base alla prassi e ai precedenti la seduta dovrebbe essere fissata intorno al 20 gennaio.
La partita per il Quirinale, però, è ancora aperta, nessuna certezza è trapelata dalle sedi dei partiti. Mentre Mario Draghi, alla conferenza di fine anno ha detto di essere “un nonno al servizio delle istituzioni”, Silvio Berlusconi, da qualche settimana addirittura si definisce “un bisnonno”, tant’è che all’ultimo vertice del centrodestra s’e’ detto sicuro di avere i numeri per vincere: ha parlato di 150 voti da aggiungere a quelli che ha gia’ il centrodestra, escludendo ogni eventuale imboscata che proviene dall’interno da parte dei cosiddetti franchi tiratori.
Quella di Draghi e Berlusconi sono due figure diverse e contrapposte ed in entrambi i casi causerebbero degli scossoni politici non di poco conto. Draghi è il candidato condiviso che potrebbe fare incetta di voti a livello trasversale intercettando addirittura quelli di Fratelli d’Italia. Il Cavaliere, invece, sarebbe il candidato di una parte del centrodestra appoggiato eventualmente da elettori esterni, centristi o magari del Misto, scrive l’Ansa.
L’ elezione di Draghi, tuttavia, comporterebbe la necessità di trovare un altro premier di caratura internazionale, in grado di mantenere intatto il già fragile equilibrio dell’attuale maggioranza. Nessuno vuole tornare alle urne prima della naturale fine della legislatura prevista a marzo 2023, tranne Fratelli d’Italia. Per questo motivo il Pd auspica che i due percorsi, quello dell’elezione per il Colle e quello del governo, vadano avanti insieme. Enrico Letta, che ha contatti continui con Mario Draghi, da tempo punta a non logorare la figura del premier auspicando un accordo ampio a favore di una personalita’ non divisiva, super partes, come del resto ampiamente auspicata dallo stesso Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno.
Nel centrodestra a fronte della volontà di Berlusconi a candidarsi vi sono non poche resistenze all’interno. Mariastella Gelmini ribadisce che e’ difficile sostituire Draghi a Palazzo Chigi, mentre Maurizio Gasparri si dice d’accordo con D’Alema contro “il commissariamento della politica” rappresentato dall’elezione di Draghi al Colle.
Le premesse fatte su queste due figure protendono nel ricercarne una terza diversa, indipendente e super partes magari anche donna, come la Cartabia che piace molto al Presidente Mattarella stesso.