(di Lorenzo Midili) I bambini-soldato, impiegati nei conflitti armati,rappresentano un grande pericolo per l’intera comunità internazionale. Il numero si aggira all’incirca a trecentomila i minori reclutati dalle forze armate per attentati suicidi, servizi domestici e sfruttamento sessuale. Porre fine a questo fenomeno è una sfida costante, legata anche al commercio globale di armi, per la società internazionale. Non a caso, gli attori statali e non statali che reclutano e impiegano sul campo i minori fanno affidamento sull’assistenza militare di alcuni dei principali esportatori di armi nel mondo. Il diritto internazionale identifica l’espressione “bambini-soldato” come “tutte le persone, maschi o femmine, con meno di 18 anni, appartenenti ad un esercito regolare o ad un gruppo comunque armato,arruolate su base volontaria o con la forza”.
Ciò comporta uno sfruttamento minorile vero e proprio poiché, non solo vengono impiegati nel “ruolo delle armi”, ma pure in diversi settori come quello tessile, dove gli stessi vengono selezionati a svolgere funzioni lavorative per via delle loro mani di piccole dimensioni, cagionando delle lesioni sulle stesse per le attività svolte senza limiti temporali. A tal proposito, è fondamentale distinguere il lavoro minorile, dove i diritti fondamentali dell’infanzia vengono rispettati e la salute non viene messa a repentaglio per le attività che svolgono, rispetto al tema dello sfruttamento minorile in cui vengono condannate tutte le attività lavorative che risultino essere dannose per il fanciullo, sia sotto il profilo psicologico-emotivo che in quello fisico, ai sensi dell’articolo 3 della convenzione internazionale sul lavoro. Con riferimento, ad esempio, ai casi di prostituzione e al traffico di minori, il problema dello sfruttamento assume forme di schiavitù, aspetto presentein alcune aree del continente africano.
Percorrendo la tematica nel settore del reclutamento e delle armi, i bambini sono reputati risorse molto appetibili per gli addetti che si occupano del loro arruolamento. Non esiste una vera e propria selezione da parte delle bande armate, nel senso che i bambini “convengono” per la mera ragione che il loro reclutamento ha un basso costo ed il loro status psicologico-emotivo risulta essere un’arma per il nemico sul profilo d’umanità; non solo, anche una risorsa per i movimenti armati per via della facilità nel manipolarele loro menti e nell’imporre ordini e doveri. I minori che si arruolano in maniera “volontaria” sono coloro che vivono la povertà quotidianamente, la mancanza di istruzione e l’abbandono familiare. Questi tre punti favoriscono l’arruolamento del minore, per la ragione che lo stesso avverte come fonte necessaria di salvezza o cambiamento di vita.
Sul piano internazionale, il fenomeno dei bambini-soldato, dunque, venne affrontato, per la prima volta, intorno al 1977, con l’adozione di due protocolli aggiuntivi alle IV Convenzioni di Ginevra del 1949, che, in un secondo momento, si decise di adottare la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia o del fanciullo, da parte delle Nazioni Unite nel 1989, documento che ha avuto la ratifica da quasi tutti gli Stati membri della famiglia umana. Difatti, gli articoli 38 e 39 della Convenzione de quo, evocano una tutela fondamentale incentrata sulla figura del bambino-soldato, nei quali si enuncia che “I bambini e gli adolescenti devono essere protetti dalla violenza e dalle conseguenze della guerra. Nessun bambino o adolescente può prendere parte alla guerra se non ha almeno 15 anni. I bambini e gli adolescenti vittime della guerra o di sfruttamento hanno diritto ad aiuti e attenzioni particolari. Il Protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati ha innalzato a 18 anni l’età minima per poter partecipare attivamente alla guerra.”
Il 26 luglio 2005, l’organo politico onusiano adottava la risoluzione n.1612, nella quale viene deciso l’adozione di un meccanismo di monitoraggio e di comunicazione da parte dei membri del Consiglio di Sicurezza stesso relativo all’impiego dei bambini-soldato. Anche l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), con la convenzione n.182, individua il reclutamento forzato dei minori nei conflitti armati come unodegli aspetti peggiori delle attività lavorative minorili, se non il più pericoloso. Diverse sono le forme di tutela in continuo sviluppo, che mirano a punire questo fenomeno, cercando di riconoscerlo come una vera e propria violazione del diritto internazionale generale. La tematica dei bambini-soldato, pertanto, rientra tra le categorie di lavoro minorile condannate dalle Nazioni Unite.