L’Italia, sotto la guida del governo Meloni, punta a rafforzare la sua posizione geopolitica nel Mediterraneo e nel Nordafrica attraverso il supporto della Nato. La creazione di un inviato speciale per il Sud rappresenta un passo avanti significativo, ma le sfide rimangono numerose. Con la determinazione di confrontarsi con l’influenza di Cina e Russia, l’Italia cerca di promuovere stabilità e sviluppo nella regione, con benefici potenziali per tutto il Patto Atlantico
di Emanuela Ricci
A margine del vertice Nato a Washington, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato l’istituzione di un inviato Nato per il Sud: un successo per l’Italia visto che aveva proposto una figura di tale livello sia durante il semestre di presidenza del G7 sia al vertice Nato negli Usa.
“Ci sono anche degli eccellenti candidati italiani. Credo che proprio per la conoscenza che l’Italia ha di tutta l’area mediterranea, a partire dai Balcani all’Africa e al Medio Oriente ma anche l’area del Golfo. Possiamo mettere a disposizione dell’Alleanza Atlantica nomi di alto livello con conoscenza sia della Nato sia della realtà del fianco Sud”. Ministro Antonio Tajani, Washington, luglio 2024.
La partita ora si giocherà per individuare un nominativo carismastico ed ampiamente condiviso. In pole position, per ricoprire la carica, ci sono Italia e Spagna. Il nostro Paese ha già però espresso chiaramente l’intenzione a ricoprire questo delicato ruolo per competenza e posizione strategica. Al totonomi circolano figure come quelle di Elisabetta Belloni e Enrico Letta.
L’inviato Nato per il sud dovrà monitorare e valorizzare le opportunità nel Mediterraneo meridionale e nei Paesi del Nordafrica. In sostanza per l’Italia potrebbe garantire un’evoluzione più strutturata del Piano Mattei per l’Africa che, comunque, necessita del continuo e convinto supporto anche di Bruxelles. In Africa ci sono, poi, ostacoli non semplici del calibro di Russia e Cina.
Il premier Giorgia Meloni si recherà nei prossimi giorni a Tripoli, insieme con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per partecipare al Forum sui flussi migratori ospitato dal primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dabaiba. In questo particolare consesso si parlerà anche della presenza di forze militari russe in Libia nella zona ad est governata dal generale Kalifa Haftar. La Russia, proprio in quella zona, vuole costituire una sua base militare nel porto di Tobruk. Ora Mosca sta utilizzando il porto di Bengasi come entry point per traportare mezzi, uomini e armi in tutta quella parte dell’Africa (Sahel) sotto la sua diretta influenza. La Nato in questo scenario, anche a seguito del traffico clandestino di armi e droni provenienti dalla Cina, recentemente scoperto nel porto di Gioia Tauro dopo le perquisizioni su una nave cargo diretta in Libia (Bengasi), deve assolutamente porre rimedio consolidando il proprio interesse strategico ed eventualmente promuovendo operazioni militari finalizzate a presidiare, in maniera più convincente, tutta l’area del Mediterraneo allargato.
La presenza di forze russe in grado di gestire i flussi migratori provenienti da Paesi instabili come Niger, Sudan e Ciad, rendono cruciale l’azione della Nato in questa regione. Secondo l’ONU, a dicembre scorso, erano presenti in Libia circa 706mila migranti e rifugiati. Una bomba demografica pronta a essere lanciata verso le nostre coste e l’Europa intera in un contesto di serrato confronto in ambiente “ibrido”.
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