Collusione terroristica, una minaccia sempre in agguato

(Maurizio Giannotti) Nell’Ottobre del 1981 il Presidente della Repubblica Araba dell’Egitto  Premio Nobel per la Pace Anwar Al Sadat viene assassinato secondo le modalità che ben conosciamo da estremisti islamici vicini alla setta dei Fratelli Mussulmani.

Un mussulmano ucciso da mussulmani forse perché di mentalità troppo aperta e in contatto troppo stretto con i cristiano-copti tanto da costringerlo a esiliare “Baba Shenuda” proprio nell’oasi di Wadi el-Natrun per accondiscendere i mussulmani più radicali che non vedevano di buon occhio le aperture verso i copti oltre che verso Israele. Una mossa , credo,  condivisa con lo stesso Shenuda III come molti ritengono ma che non fu sufficiente e il Presidente Al Sadat il 6 Ottobre 1981 fu massacrato.

E’ l’idea che mi sono fatto da tempo , un’idea che contrasta con quanto visto diverse settimane fa su RAI Storia condotta dal Dr Mieli dove, se non ho capito male, il Presidente Anwar Al Sadat viene presentato come un persecutore dei cristiano copti.

Tutto questo perché, riflettendo su quanto accaduto in passato e su quanto sta accadendo oggi, credo sia legittimo temere che certi legami non si siano mai sciolti e che qualcuno del mondo terroristico nostrano,  che sente forte la spinta di tornare in  campo, possa trovare conveniente rinsaldare certi vincoli con le “nuove”  e violente organizzazioni terroristiche di matrice politico-religiosa.

Sono sempre meno le differenze tra le varie organizzazioni, la violenza si sta diffondendo ovunque su tutti i Continenti nessuno escluso, la visione politico-sociale è quasi comune, l’aspetto economico interessa tutti i players di questa spaventosa partita che insieme trovano facile sponda anche nelle organizzazioni criminali transnazionali  che possono trovare conveniente sotto molti aspetti  farsi coinvolgere.

A questo punto non credo proprio sia il caso di continuare a “baloccarsi” con astrusi ragionamenti  psicosociologici sul rientro dei  foreign fighter, sul desiderio di emulare folli gesta da parte di “lupi il più delle volte poco solitari”, sull’enorme quantità di psicolabili di tutte le età in circolazione sempre pronti ad agire, etc.. a questo punto credo che ci sia ovunque solo una gran voglia di eversione a prescindere.

Spero di sbagliarmi, ma se guardo gli ultimi decenni  vedo che il terrorismo di qualsiasi origine e motivazione ha fatto nel mondo passi da gigante sia come risorse finanziarie, struttura organizzativa, capacità di uso globale dei media e nuove tecnologie in senso lato, capacità operative in generale e capacità di sviluppare svariati e sofisticati profili di missione, etc..

Non può essere un caso e incomincio a credere che probabilmente tutto questo sia riconducibile ad un forte desiderio di sovvertire un ordine planetario  costruito dopo la II Guerra Mondiale e la caduta del muro di Berlino; un ordine, oggi,  per alcuni non più conveniente come un tempo e agevolmente aggredibile cavalcando la crisi globale che stiamo attraversando.

Sono troppe le coincidenze, le possibili “combinazioni d’affari”,  i probabili intrecci di natura diversa e tutto ciò può legittimare il sospetto che dietro tutto questo ci sia una regia, una super regia transnazionale che ha come folle obiettivo il dominio su tutti e tutto ed il riassetto del pianeta ad uso e consumo di pochi “eletti”.

Questa  riflessione mi ha riportato indietro nel tempo, ad un viaggio in Egitto durante il quale ebbi modo di sapere come già allora esistessero certe dinamiche.

Era il 1979 e grazie ad alcuni miei conoscenti cairoti cristiano-copti  fui ricevuto in udienza dal papa Shenuda III che m’intrattenne a lungo parlandomi del Presidente Anwar Al Sadat, del grande apprezzamento per quello che stava facendo per il suo popolo, della sua lungimiranza per il dialogo interconfessionale essendo Sadat mussulmano e profondamente religioso, per l’apertura verso la comunità Copta che coinvolgeva a tutti i livelli e, soprattutto, del successo della politica di distensione con Israele che portò agli accordi di pace di Camp David e al riconoscimento ai due presidenti del Premio Nobel  per la Pace nel 1978. Al momento del commiato mi suggerì di andare in visita al Monastero di S. Macario nell’oasi di Wadi el-Natrun perché sarebbe stato interessante per tanti motivi.

Ci sono andato e, oltre alla bellezza del posto ed essere entrato nella cripta in cui si ritiene siano conservate le reliquie di S. Giovanni Battista, ho avuto modo di conoscere Padre el-Meskin la guida spirituale del Monastero, un monaco che mi ha colpito moltissimo.

Ho parlato a lungo con lui e mi ha stupito il fatto che conoscesse perfettamente la situazione politica italiana dicendomi, tra l’altro, che era molto preoccupato perché da troppo tempo il terrorismo imperversava in un paese che rappresenta la guida per tutti i popoli del Mediterraneo e non solo.

Mi spiegò che tutte le notti ascoltava per ore la radio italiana e quando gli era possibile si procurava le pubblicazione che riguardavano il nostro paese.

Mi disse che sicuramente i terroristi italiani erano collegati alla frange più estreme e rivoluzionarie del Medio Oriente e che sarebbe stato opportuno che gli stati collaborassero in modo stretto per debellare quanto prima questo fenomeno perché sarebbe potuto diventare devastante per tutti in un prossimo avvenire.

Questo oggi mi suona come una profezia.

Collusione terroristica, una minaccia sempre in agguato