di Antonio Adriano Giancane
L’Ucraina ha intensificato la sua offensiva nella regione russa di Kursk, distruggendo un ponte cruciale e prendendo di mira almeno un altro, nel tentativo di interrompere le linee di rifornimento russe e consolidare le proprie conquiste territoriali. L’attacco avviene a circa dodici giorni dall’inizio della sorprendente incursione ucraina oltre il confine, una mossa che ha colto di sorpresa molti osservatori internazionali.
Secondo gli analisti militari, la distruzione del ponte sul fiume Seym, vicino alla città di Glushkovo, potrebbe ostacolare significativamente la capacità della Russia di reagire all’offensiva ucraina. Il ponte, situato a circa 16 chilometri a nord-ovest della zona di battaglia, era un’importante via di comunicazione per il movimento di truppe e materiali. Tuttavia, esistono percorsi alternativi che potrebbero permettere alla Russia di mantenere una certa operatività logistica.
Il tenente generale Mykola Oleshchuk, comandante dell’aeronautica militare ucraina, ha condiviso sui social media un video che documenta l’attacco, mostrando l’esplosione che ha spezzato in due il ponte. “I piloti ucraini stanno conducendo attacchi di precisione contro le roccaforti nemiche, le concentrazioni di attrezzature, i centri logistici e le vie di rifornimento del nemico“, ha dichiarato Oleshchuk.
Il Ministero degli Esteri russo ha confermato la distruzione del ponte, lamentando l’interruzione delle operazioni di evacuazione dei civili. Le azioni ucraine sembrano parte di una strategia più ampia per consolidare le posizioni nella regione di confine russa di Kursk, colpendo ulteriori infrastrutture vitali. Oleshchuk ha infatti pubblicato altri video che mostrano attacchi aerei su due ponti vicino alle città di Glushkovo e Zvannoe, destinati a ostacolare ulteriormente la logistica militare russa.
Mentre il Ministero della Difesa russo ha riferito di essere impegnato in combattimenti con le forze ucraine in quattro villaggi a circa 40 chilometri a nord-ovest di Sudzha, ora sotto controllo ucraino, le autorità di Kiev mantengono il silenzio sulle operazioni in corso. L’Ucraina ha imposto un blackout mediatico, evitando di divulgare dettagli in tempo reale sulle azioni militari, ma ha comunque rivendicato il controllo di Sudzha, dove è stato istituito un ufficio militare e si è ventilata l’apertura di corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha promesso una “risposta appropriata” a questa audace operazione, ma finora le forze russe non sono riuscite a respingere le truppe di Kiev. Mosca ha risposto con attacchi aerei, tra cui un assalto con droni e missili su Kiev e sulla regione di Sumy, da dove è partita l’offensiva di Kursk il 6 agosto. Le forze aeree ucraine hanno dichiarato di aver respinto questi attacchi, intercettando i missili diretti verso la regione di Poltava.
In una dichiarazione recente, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha riferito che la Russia ha lanciato 40 missili, 750 bombe aeree e 200 droni contro l’Ucraina nell’ultima settimana. Un alto funzionario della sicurezza ucraina ha aggiunto che l’operazione Kursk ha generato panico tra i vertici della sicurezza russa, con la Guardia Nazionale, l’FSB e il Ministero della Difesa russi in competizione tra loro e senza coordinamento efficace. Le truppe ucraine, grazie alla loro posizione tattica, evitano l’accerchiamento e mantengono fianchi corti, facilitando la difesa delle loro posizioni.
Kiev ha sottolineato che non intende mantenere i 1.150 km² di territorio catturato nella regione di Kursk, ma piuttosto utilizzare queste conquiste come leva nei negoziati futuri. “L’Ucraina non è interessata a occupare i territori russi“, ha dichiarato il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak, descrivendo l’operazione come uno “strumento militare… per convincere la Federazione Russa ad avviare un processo negoziale equo“.
Questa strategia dimostra un approccio pragmatista da parte di Kiev, dove la guerra viene combattuta non solo sul campo, ma anche sul tavolo delle trattative. L’obiettivo finale sembra essere quello di raggiungere una pace sostenibile e favorevole agli interessi ucraini, utilizzando la pressione militare per ottenere concessioni politiche da Mosca.
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