Il 15 agosto scorso ha segnato il terzo anniversario del ritorno al potere dei talebani in Afghanistan, un evento che ha segnato l’inizio di una delle più drammatiche regressioni dei diritti umani nel Paese, in particolare per quanto riguarda le donne. Dopo trentasei mesi, l’Emirato Islamico resiste ancora, nonostante non sia riconosciuto a livello internazionale e l’Afghanistan stia attraversando una delle peggiori crisi umanitarie, economiche e alimentari della sua storia. Più di 28 milioni di persone, su una popolazione di circa 40 milioni, dipendono attualmente dagli aiuti umanitari, segnando un aumento del 60% rispetto al 2021.
La politica restrittiva imposta dai talebani sulla libertà delle donne rappresenta una delle più gravi violazioni dei diritti umani nel mondo contemporaneo. Dalla riconquista di Kabul, i talebani hanno instaurato un regime di repressione sistematica volto a cancellare ogni traccia di emancipazione femminile conquistata con fatica negli anni precedenti. Le donne, che sotto i precedenti governi avevano iniziato a ottenere un certo grado di libertà e partecipazione nella vita pubblica, sono state nuovamente relegate a ruoli subordinati e confinati all’interno delle mura domestiche.
Il quadro attuale è desolante: alle donne è stato vietato l’accesso all’istruzione secondaria e universitaria sia come studentesse che come insegnanti. Non possono praticare sport all’aria aperta, scoprire il proprio volto in pubblico, né lavorare per organizzazioni non governative. Queste misure non solo negano alle donne l’accesso all’istruzione e all’indipendenza economica, ma le escludono completamente dalla sfera pubblica, riducendo la loro presenza a un’ombra silenziosa e invisibile.
Recentemente, i talebani hanno annunciato nuove leggi che proibiscono alle donne di parlare in pubblico e impongono loro di coprire il volto in ogni occasione. Queste regole, approvate da Hibatullah Akhundzada, la guida suprema del Paese, sono tra le più severe misure imposte alle donne dal ritorno al potere dei talebani. La legge stabilisce che la voce di una donna è considerata un aspetto privato e non deve essere ascoltata dagli uomini, rafforzando ulteriormente l’idea che le donne debbano essere relegate al silenzio.
Queste norme si inseriscono in un contesto più ampio di repressione sistematica delle donne, attuata dal regime talebano con l’intento di cancellare qualsiasi forma di partecipazione femminile nella vita pubblica. La limitazione della libertà di espressione e di movimento è solo l’ultima di una serie di politiche mirate a relegare le donne a uno stato di totale subordinazione.
Le leggi restrittive sono state presentate come un passo verso la promozione della virtù e l’eliminazione del vizio, secondo quanto dichiarato da un portavoce del Ministero per la Propagazione della Virtù e la Prevenzione del Vizio. Questo ministero, dotato di ampi poteri per regolamentare la condotta personale e infliggere punizioni, gioca un ruolo centrale nel mantenimento di un ambiente di paura e intimidazione, denunciato anche dalle Nazioni Unite.
Bilal Sarwari, un veterano giornalista afghano, ha così commentato a un noto media occidentale: “I sogni di una società afghana libera e aperta sembrano sempre più lontani”. L’osservazione di Sarwari riassume il sentimento diffuso tra molti afghani, che vedono i loro diritti e libertà fondamentali annullati dal regime talebano.
Nonostante la condanna internazionale e le sanzioni imposte al governo talebano, la situazione non sembra migliorare. Le donne afghane, pur affrontando enormi difficoltà e pericoli, continuano a resistere, lottando coraggiosamente per i loro diritti. Tuttavia, la loro battaglia per la libertà e l’uguaglianza è lunga e ardua, e richiede un impegno costante da parte della comunità globale per sostenere queste donne nella loro lotta contro l’oppressione e la violenza del regime talebano. Noi di PRP Channel non spegneremo mai i riflettori sull’Afghanistan e sulle condizioni della sua popolazione.
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