Thailandia: Paetongtarn Shinawatra nominata primo ministro. Dubbi sulla sua sopravvivenza alla guida del Paese

di Antonio Adriano Giancane

La politica thailandese si conferma un labirinto intricato, dove rivalità storiche e alleanze precarie si intrecciano in un delicato equilibrio di potere. La recente nomina di Paetongtarn Shinawatra a primo ministro segna un capitolo decisivo in questa saga, sollevando interrogativi cruciali sulle relazioni future tra le potenti dinastie politiche del paese e l’élite realista-militare che da decenni tiene saldamente le redini del potere.

Paetongtarn, 38 anni, ha raggiunto il vertice del potere dopo la brusca destituzione del suo predecessore, Srettha Thavisin, da parte della Corte costituzionale, che lo ha rimosso con l’accusa di violazione dell’etica. La sua elezione ha permesso di mantenere in piedi un’alleanza già traballante tra il partito Pheu Thai, dominato dalla famiglia Shinawatra, e i rivali storici allineati con l’establishment militare-regale. Questa fragile tregua arriva in un momento critico per la Thailandia, mentre il paese cerca di uscire dalla crisi economica post-pandemica, con una crescita economica che fatica a riprendersi.

L’élite conservatrice thailandese ha una lunga storia di opposizione ai governi eletti, spesso rimuovendoli attraverso colpi di stato militari e sentenze giudiziarie. Secondo Peter Mumford, analista del sud-est asiatico per Eurasia Group, nonostante la recente nomina, Paetongtarn potrebbe non mantenere a lungo la carica, minacciata dalle stesse forze che hanno rovesciato i suoi predecessori. Tuttavia, la sua rapida ascesa riflette il perdurante potere della famiglia Shinawatra, con suo padre Thaksin, ex primo ministro e magnate delle telecomunicazioni, che ha dominato la scena politica thailandese per due decenni, nonostante l’esilio e la costante opposizione dell’establishment.

Thaksin è tornato in Thailandia nel 2023, dopo 15 anni di esilio, e sebbene non abbia un ruolo ufficiale nel governo, la sua influenza sembra destinata a crescere sotto l’amministrazione della figlia. Questo ritorno potrebbe però alimentare ulteriori tensioni con l’élite militare, che ha mantenuto un ferreo controllo sul potere nonostante le ripetute sconfitte elettorali.

Il nuovo governo guidato da Paetongtarn è frutto di un accordo di convenienza, nato per impedire al partito progressista Move Forward, che aveva ottenuto il maggior numero di seggi alle ultime elezioni, di prendere il controllo. Move Forward aveva proposto riforme radicali, inclusa una modifica alla legge sulla lèse majesté, una mossa che ha portato allo scioglimento del partito da parte della Corte costituzionale.

L’alleanza che ha permesso il ritorno di Thaksin potrebbe già essere in crisi. La recente rimozione di Srettha, causata dalla nomina controversa di un alleato degli Shinawatra, e l’accusa rivolta a Thaksin di aver insultato la monarchia, sono segnali di un possibile deterioramento della situazione. Inoltre, la politica economica populista, come il piano di elargizione di contanti da 14 miliardi di dollari, potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo per la nuova premier, esponendola al rischio di uno scontro con la Corte costituzionale, come già accaduto ai suoi predecessori.

In definitiva, l’ascesa di Paetongtarn Shinawatra rappresenta un momento cruciale per la Thailandia, con potenziali ripercussioni sia sul piano politico che economico. La sua abilità nel navigare tra le insidie del potere e nel mantenere l’alleanza di governo sarà determinante non solo per la sua sopravvivenza politica, ma anche per il futuro del paese, che si trova a un bivio tra il consolidamento dell’establishment conservatore e la possibilità di un cambiamento radicale.

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