(di Nicola Simonetti) Cefalea. Si stima che a soffrire di cefalea in Italia siano almeno 26 milioni di persone, cioè quasi una persona su due. Un problema molto diffuso dunque, che non risparmia nessuno, bambini compresi e che l’OMS considera una delle peggiori malattie in termini di disabilità vissuta dal paziente giovane – adulto e si posiziona al 3° posto tra tutte; la sfida del futuro sarà quella di vincere questo disagio e abbattere questo primato. Siamo sulla via buona.
“Grazie all’introduzione di nuove bioterapie specifiche stiamo per assistere .. dice il prof. Fabio Frediani, Direttore U.O.C. Neurologia e Stroke Unit, Ospedale “San Carlo Borromeo” di Milano – a una svolta significativa per i pazienti emicranici. I nuovi farmaci sono anticorpi specifici che bloccano l’attività della CGRP, una proteina responsabile dell’esplosione dell’attacco emicranico, con un rapporto costi/benefici che non ha eguali nel panorama italiano: si caratterizzano per un’efficacia considerevole a fronte di un’ottima tollerabilità, con meno effetti collaterali del placebo. Inoltre, la modalità di somministrazione è completamente nuova: una sola iniezione al mese per tre mesi con una forte ricaduta sul miglioramento dell’aderenza alla terapia.
Ci sono tutti i presupposti perché si possa assistere a una seconda svolta significativa per i pazienti emicranici. Dopo l’era dei triptani, molecole pensate e sviluppate in seguito alla scoperta del sistema trigeminovascolare quale nucleo centrale del momento patogenetico, anche questi farmaci – continua Frediani – hanno un target specifico, che rende conto della notevole efficacia vista nella fase sperimentale. Essi, soprattutto, promettono un nuovo modo di curare il paziente emicranico. Oggi, a chi soffre di emicrania non è più pensabile proporre un farmaco “preso in prestito” da altre patologie. Già da anni l’offerta terapeutica ha abbandonato i vecchi farmaci, ormai desueti e mal tollerati per i troppi effetti collaterali, per rivolgersi a nuove strategie. Ne sono un chiaro esempio le varie tecniche di neurostimolazione o l’uso della tossina botulinica per le forme croniche, o la ricerca di sempre nuovi integratori che privilegino il “non nuocere” al “far bene”. Oggi finalmente anche in campo farmacologico assistiamo a una vera rivoluzione, e non solo per la caratteristiche della molecola. Anche le modalità di somministrazione sono completamente nuove: una sola iniezione al mese per tre mesi, che indiscutibilmente favorisce una miglior aderenza alla terapia, condizione basilare per il risultato stesso della cura e per incoraggiare il paziente a non demordere mai.
Novità, oggi, sono le modalità di valutazione (non ci si rifà più alla sterile conta dei giorni con o senza dolore) che hanno fatto recuperare una visione olistica al cui centro viene posta la qualità di vita e la capacità funzionale dell’individuo, ma anche agli stessi trattamenti, arricchiti di aspetti formativi, educativi e di indicazioni comportamentali in grado di modificare diete e stili di vita. Ovvero, il paziente protagonista principale della propria vita, alla quale egli, con l’adozione di nuove regole ed innovative terapie: un significativo cambiamento, una reale trasformazione della malattia. La sfida futura – assicura Frediani – sarà quella di vincere questo disagio, facendo scendere l’emicrania da questo triste podio.
Le donne. Secondo lo studio Gema (Gender&Migraine) del Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) presentato, il 30 ottobre scorso, a Roma, due persone affette da emicrania su tre sono donne e la condizione incide sulla loro vita lavorativa e sociale più pesantemente che su quella degli uomini.
Le donne italiane che soffrono di emicrania sono quattro milioni rispetto a due milioni di uomini). Esse perdono più giorni di lavoro (16,8 l’anno contro i 13,6 dei maschi) e giornate di vita sociale (26,4 contro 20) e sono maggiormente soggette al fenomeno del presentismo, ovvero a giornate in cui si presentano al lavoro in condizioni di malessere (51,6 giorni contro 35,6). A causa di un reddito inferiore a quello dei maschi, però, spendono meno per diagnosi e cura (1.132 euro l’anno contro 1.824) e riportano una perdita di redditività minore.
Il costo annuo dell’emicrania è, per ogni donna, di 4.352 euro oltre a 464 euro spesi per acquistare farmaci non supportati dal SSN.
In particolare, per prestazioni sanitarie, 1,100 euro; perdita di produttività 1.524 (25%), per assistenza formale 236 (5%), informale 1.492 (34%).
DEMENZA – Oroscopo minaccioso: il numero di persone con diagnosi di demenza, entro il 2050, triplicherà, passando dagli attuali 46,8 milioni a 131,5 milioni ed ogni anno, saranno 9,9 milioni i nuovi casi (1 ogni 3 secondi). Sono questi i dati – ha detto il prof. Carlo Ferrarese dell’Università di Milano-Bicocca, al 49° congresso nazionale della Società italiana di neurologia – del Global Impact of Dementia.
Un indizio rassicurante è che, agendo nelle fasi iniziali di declino della memoria (“declino cognitivo lieve o Mild Cognitive Imparment”), alcuni farmaci, dimostratisi efficaci nel bloccare i meccanismi biologici della malattia potrebbero rallentare la progressione verso la demenza conclamata, perché si sono.
Oggi tecniche diagnostiche come la Positron Emission Tomography (PET), permettono di stabilire, con la somministrazione di un tracciante che lega la proteina beta amiloide (distrugge i neuroni ed inizia ad accumularsi nel cervello anche decenni prima delle prime avvisaglie di demenza) – precisa Ferrarese – un rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer prima della comparsa di gravi deficit cognitivi e rendono quindi fattibile l’avvio di strategie terapeutiche preventive. Queste ultime sono basate su molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide, il cui accumulo causa la malattia, con farmaci che bloccano gli enzimi che la producono (beta-secretasi) o, in alternativa, con anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado di penetrare nel cervello e rimuovere la proteina prima del pericoloso accumulo.