L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé, è giunto questa mattina all’aeroporto di Tamanhint (a circa 600 chilometri a sud di Tripoli), nella regione del Fezzan, in quella che è la sua prima visita nel sud della Libia dall’inizio del suo incarico nel giugno del 2017. Lo riporta l’agenzia di stampa italiana Nova.
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Lo riferisce la Missione di supporto dell’Onu in Libia in una nota sul suo profilo Twitter. Al suo arrivo all’aeroporto di Tamanhint, nel distretto di Sebha (capoluogo del Fezzan), dai rappresentanti delle autorità locali e delle forze di sicurezza. Nella giornata odierna, Salamé avrà incontro con dignitari, capi tribù, accademici e attivisti locali della provincia del Fezzan. In un’intervista pubblicata ieri dal quotidiano panarabo edito a Londra “Asharq al Awsat”, Salamé ha rivelato i piani per il lancio già nei prossimi giorni di una missione Onu a Bengasi e i preparativi per l’avvio di un’altra missione delle Nazioni Unite nel sud della Libia.
Il Fezzan
Molto dettagliata la disamina della regione fatta da Analisi Difesa nel marzo scorso. Il Fezzan è il nodo cruciale per qualsiasi tentativo di normalizzazione. Il Ciad, alleato naturale della maggiore tribù, quella dei Tebu ( il “popolo delle rocce”, gruppo etnico sahariano di ceppo etiope compostio da circa 200 mila individui), combatte una guerra per procura contro il Qatar e i suoi alleati libici legati alla Fratellanza Musulmana. I Tebu abitano il sud della Libia, il Ciad del nord ed il nord est del Niger. Sono alleati di Haftar e dopo la caduta di Gheddafi hanno preso il quasi totale controllo dei confini tra Libia, Chad e Niger e tra Libia e Sudan.
In Libia l’Arabia Saudita ha tenuto invece una posizione altalenante, al punto da creare ambiguità che sicuramente non hanno aiutato l’avvio di un processo di transizione: nel 2015 Riad aveva appoggiato i raid egiziani contro gli islamisti sostenuti aiutati dal Qatar, ma il deteriorarsi dei rapporti tra sauditi ed egiziani ha portato l’Arabia Saudita a ritirarsi in parte dallo scacchiere.
Dalla liberazione di Sirte e parte di Benghazi dallo Stato islamico, la situazione generale non è affatto migliorata. Anzi, la competizione tra i gruppi armati affiliati a Misurata e Tripoli è indicativa del deteriorarsi del clima di speranza che per brevissimi momenti aveva illuminato lo scenario.
I gruppi armati sono anche pesantemente coinvolti nella violazione dell’embargo sulle armi e il paese rimane un crocevia importante per i flussi di armi illecite verso i paesi africani confinanti e non, nonchè verso il Medio Oriente.
Solamente nel settore petrolifero è stata raggiunta una certa stabilizzazione dal momento che le parti in gioco si sono astenute dal danneggiare le installazioni.
Il controllo o quanto meno la stabilizzazione del Fezzan dovrebbero essere al centro di ogni iniziativa internazionale o nazionale, volta non solo al controllo dei flussi di migranti ma anche alla lotta dei traffici illeciti di ogni tipo e agli sforzi per arginare lo Stato Islamico nel Levante e in Africa in generale.
La remota regione del Fezzan si trova all’incrocio con Algeria, Niger e Chad ed offre opportunità per molte situazioni lucrative per una pletora di attori, dai trafficanti locali ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) e altri gruppi jihadisti.
Il territorio costituisce anche delle principali rotte della droga, attraversata da mercenari stranieri provenienti dall’Africa sub-sahariana, che inizialmente cercavano di raggiungere Sirte, e migranti provenienti soprattutto da Ciad, Niger e altri paesi del Sahel, ma anche dal Corno d’Africa.