La Polizia di Stato di Teramo ha eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 6 persone, di cui 5 di etnia nigeriana, accusate di tratta di esseri umani, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e dell’immigrazione clandestina, Tra i soggetti, anche un italiano 62enne, (destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari), rispettivamente proprietario e comproprietario di due degli appartamenti di dimora di giovani prostitute nigeriane.Le indagini dei poliziotti della Squadra Mobile sono partite dal monitoraggio costante della strada “Bonifica del Tronto” allo scopo di interrompere il costante flusso di giovanissime donne nigeriane, reclutate in patria con la promessa di un lavoro in Europa e poi fatte giungere clandestinamente attraverso disperati viaggi lungo la rotta mediterranea.
Le indagini, corredate da attività tecniche, sono state avviate dalla Squadra Mobile di Teramo monitorando costantemente la zona della strada “Bonifica del Tronto” allo scopo di interrompere il costante flusso di giovanissime donne nigeriane, reclutate in patria con la promessa di un lavoro in Europa e poi fatte giungere clandestinamente attraverso disperati viaggi lungo la rotta mediterranea, previa sottoposizione a riti voodoo a garanzia del pagamento del debito per il viaggio (pari 25mila o 30mila euro) ed, una volta arrivate in Italia, costrette con violenza, minaccia e con la dirompente forza intimidatrice dei suddetti riti a prostituirsi consegnando i proventi a chi le aveva reclutate in patria ed ai loro referenti in Italia. Nel corso dell’attività investigativa sono state individuate ed identificate 12 giovani vittime dimoranti in 5 appartamenti di cui 4 ubicati a Martinsicuro (TE) ed uno a Monsampolo del Tronto (AP) affittate dai rispettivi proprietari alle loro connazionali destinatarie delle predette misure cautelari in carcere.
In particolare, si è accertato che due delle donne tratte in arresto, sfruttavano la prostituzione delle giovani ospitate in casa in quanto ne percepivano i proventi ed in molti casi costituivano un vero e proprio terminale di supporto dell’organizzazione nigeriana che ne aveva curato il reclutamento, la sottoposizione al rito in Nigeria e il viaggio in Italia.La Polizia di Stato ha accertato che alcune delle vittime si trovano ancora in una condizione di assoggettamento totale alla madame che le costringeva a prostituirsi per estinguere il loro debito, picchiandole e minacciandole anche con la forza intimidatrice di nuovi riti juju da eseguire nei loro confronti e con la conseguenza di procurare del male o a loro o ai loro familiari (in concorso con altri correi in Nigeria) o di farle riportare in Nigeria.
Il percorso di assistenza alle giovani vittime ha consentito ad alcune di loro, nel corso delle indagini, a raccontare tra le lacrime, ai poliziotti della Squadra Mobile di Teramo, la storia di drammatica vulnerabilità vissuta fin dal momento del reclutamento ad opera dell’organizzazione in Nigeria, a Benin City, con la promessa di un lavoro e di un futuro migliore in Italia dopo la sottoposizione al consueto rito juju in patria che suggella il debito da corrispondere. Ad esempio, si narra specificamente della conduzione del rito da parte di un uomo anziano chiamato Witch Doctor a garanzia del pagamento del debito di 25mila euro contratto per il viaggio, pena, in caso di mancato pagamento, la sua morte e ritorsioni verso i propri familiari. I singoli casi sono in realtà storie condivise da molte vittime.
Una delle vittime, partita nel marzo del 2016 da Benin City con altre persone, dopo aver attraversato il Niger, arriva a Tripoli 8 giorni dopo. La donna racconta che una compagna di viaggio aveva perso la vita durante il percorso cadendo dal pick-up, sul quale viaggiavano ammassati, dopo essere stata percossa da malviventi incontrati sulla strada i quali pretendevano dei soldi. Dopo essere stata trattenuta per oltre due mesi in abitazioni vicino a Tripoli in cui vi erano molti altri connazionali, in attesa di intraprendere anch’essi il viaggio verso le coste italiane, la vittima parte a bordo di un barcone dalle coste libiche, giungendo nel luglio 2016 in Italia; poco dopo viene “presa in carico” dalla madame che la costringe a prostituirsi. Le indagini proseguono per monitorare fenomeni analoghi che rappresentano una violazione della dignità umana e dei diritti fondamentali, oltre che un mezzo di realizzazione di profitti elevati delle organizzazioni criminali che non può essere in alcun modo tollerato.