(di Massimiliano D’Elia) Il “mostro” così chiama Matteo Salvini l’eventuale governo che dovesse nascere tra M5S e Pd. La “bestia“, viene chiamata dagli avversari di Salvini, la macchina della comunicazione della Lega guidata dal giovane “spin doctor”, Luca #Morisi. Manca solo la “bella“, parafrasando un celebre film della Disney. Invece la “bella”, che spiazzerebbe tutti gli analisti di questi giorni che si susseguono nei vari programmi televisivi azzardando probabili “premier” e “ministri”, potrebbe nascere nelle prossime ore.
A quanto pare i contatti tra Lega e M5S non si sono mai interrotti, almeno a livello di colonnelli. Anche se molto flebile un ritorno giallo verde non è del tutto scongiurato. A molti pentastellati non va proprio giù l’alleanza con il Pd. Nello stesso Pd molti sono i titubanti nel prendere in mano le sorti del Paese con la prospettiva di fare una manovra “lacrime e sangue”. Il governo nascente sarà quello che pagherà dazio alle prossime elezioni, perchè sarà sicuramente “bocciato” dagli italiani, considerata la manovra economica da varare per rispettare i vincoli di Bruxelles, alla luce di una crescita, quella italiana, che accarezza da molto tempo lo zero.
Nessuno ha il coraggio di mentire agli italiani. La realtà è che la manovra deve avere in dote, già in partenza, 23 miliardi per sterilizzare l’aumento dell’Iva (al riguardo, dicono fonti del Mef, si chiederà probabilmente un aumento progressivo dell’Iva per cercare di far quadrare i conti).
Insomma se dovesse nascere un governo giallo-rosso destinerebbe entrambi le forze politiche alla probabile estinzione alle prossime elezioni, perchè, con il matrimonio impossibile, avrebbero tradito la propria base. Gli italiani sono capaci di far perdere consensi in una notte, lo abbiamo già visto con l’avventura all’esecutivo di Matteo Renzi e con l’avventura di Governo del Movimento di Grillo che si attesterebbe oggi tra il 10-16 per cento, molto lontano da quel 30 per cento del 5 marzo scorso.
Poi molti analisti pensano che Matteo Salvini abbia innescato la crisi di governo nel momento giusto. Di fronte ai tanti No, alla convergenza di Pd e M5S nell’elezione della Von der Leyen a Bruxelles e Davide Sassoli, Salvini avrebbe fatto bene a rompere ora per far emergere l’inciucio, studiato a tavolino da mesi con il tentativo di vanificare l’azione di governo della Lega nel corso dei mesi.
Un nuovo governo giallo-verde con un nuovo premier e due nuovi vice premier potrebbe essere la soluzione per finire la legislatura, tagliare i parlamentari e rifare la legge elettorale.
Ritorno di fiamma M5S-Lega
Il consigliere grillino presso la regione Lazio, Davide Barillari ha così detto su Nicola Zingaretti: “da 6 anni combatto Zingaretti in Regione Lazio con tutte le mie forze e lo conosco fin troppo bene. Il Movimento 5 Stelle non deve suicidarsi in questo modo! Faccio un appello a tutti i meetup e a tutti gli attivisti che ancora credono nei nostri valori fondanti“.
Anche il grillino sottosegretario Stefano Buffagni, molto attivo durante la stesura del contratto di governo giallo-verde, ieri su La7, intervistato nel corso del programma di Enrico Mentana, in riferimento al telefono acceso di Salvini, ha detto: “lo usassero“, poi ha anche detto: “Ci chiamano, ma non posso dire di più“.
Anche il Senatore Gianluigi Paragone non proprio entusiasta all’idea di governare con il Pd, ha indicato le urne.
Paola Taverna sui cinque punti dettati da Zingaretti li ha definiti “vaghi”, invocando l’ultima parola agli iscritti.
Un ritorno di fiamma è stato espresso anche dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi che durante il suo intervento al meeting di Rimini, ha detto: “II voto anticipato resta una delle possibilità, poi c’è forse la riedizione di una coalizione giallo-verde e quella di una diversa maggioranza parlamentare”.
Sul Blog delle Stelle in una nota è chiara la linea del Movimento: “Chi ha aperto questa crisi buttando tutto all’aria pagherà un caro prezzo, ne siamo certi!”. E nello stesso post, l’iniziativa di Salvini di rompere la settimana scorsa viene definita una follia.
La soluzione intermedia potrebbe essere quella di nominare un governissimo di tecnici di altissimo profilo, guidati magari da Draghi per esempio, per mettere in sicurezza i conti e traghettare il Paese alle elezioni già nel corso del 2020.