L’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta in questi giorni è sotto il fuoco incrociato dei media. Sulle prime pagine de Il Giornale e Il Corriere della Sera la questione della mancata assunzione presso l’Aise, i servizi segreti italiani, e l’assegnazione dell’alloggio di servizio non ancora lasciato perché oggi assegnato al marito, ufficiale dell’Esercito. Tante le domande che sorgono spontanee. Perchè attaccare l’ex ministro della Difesa oggi, visto che non è un parlamentare ed è fuori da ogni logica di potere? Probabilmente, sotto la pentola c’è qualcos’altro che si augura esca allo scoperto quanto prima per dare una ragionevole risposta a degli attacchi che analizzando i fatti e i regolamenti sembrerebbero totalmente infondati.
“Gentilissima dottoressa Sarzanini, con meraviglia ho letto l’articolo di questa mattina. Ciò che non mi spiego è perché una giornalista seria come lei, l’ho sempre rispettata, prima di scrivere non senta la fonte principale.
Comunque sapevo che ieri aveva chiesto il mio numero ed io ho autorizzato a fornirglielo, ma ha scritto prima di ascoltarmi. Non importa. Le spiego lo stesso.
Da ministro ho chiesto l’alloggio di servizio perché più vicino alla sede lavorativa, nonché per opportune esigenze di sicurezza e riservatezza.
L’alloggio è stato assegnato ad aprile 2019, seguendo l’opportuna e necessaria procedura amministrativa, esitata con un provvedimento formale di assegnazione da parte del competente ufficio.
Quando ho lasciato l’incarico, avrei avuto, secondo regolamento, tre mesi di tempo per poter lasciare l’appartamento;termine ancora non scaduto (scadenza tre mesi dal giuramento del nuovo governo, vale a dire 5 dicembre 2019).
Come è noto, mio marito è ufficiale dell’Esercito Italiano con il grado di maggiore e svolge attualmente un incarico di prima fascia, incarico per il quale è prevista l’assegnazione di un alloggio del medesimo livello di quello che era stato a me assegnato (infatti a me non era stato concesso un alloggio ASIR – cosiddetto di rappresentanza – ma un alloggio ASI di prima fascia.
Pertanto, avendo mio marito richiesto un alloggio di servizio, per evitare ulteriori aggravi economici sull’amministrazione (a cui competono le spese di trasloco, etc.), è stato riassegnato lo stesso precedentemente concesso a me, previa richiesta e secondo la medesima procedura di cui sopra”.
Questa è la lettera da me inviata alla giornalista, strumento di qualcuno che da due giorni mi attacca. Mi chiedo il perché ma intanto credo che sia giusto chiarire.
L’altro attacco sulla vicenda della selezione presso i nostri Servizi Segreti.
“Trovo grave che documenti così delicati escano sulla stampa, vuol dire che il Paese non è sicuro”. Lo dichiara all’Adnkronos l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, a proposito dell’articolo, apparso oggi su ‘Il Giornale’, sulla sua domanda di assunzione all’Aise, poi respinta. “Chiedo massima attenzione da parte di chi deve occuparsi della sicurezza” aggiunge. L’esponente del M5S minaccia, poi, le vie legali: “Procederò per tutelare il mio buon nome, ma non voglio parlare di me stessa. Dico solo che è grave che nel Paese succedano queste cose“.
La posizione dei 5 stelle
Una giustificazione che non trova molte sponde, né a destra, né a sinistra e nemmeno tra gli stessi pentastellati. Insomma, all’ex ministro Trenta sembra non credere proprio nessuno. Tanto che Le affermazioni di autorevoli esponenti del M5S aggravano la situazione. “Lo stesso sottosegretario Stefano Buffagni conferma i peggiori sospetti sull’intera vicenda” – dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida. “‘La risposta della Trenta non è da M5S – aveva detto infatti il viceministro grillino – lasci l’alloggio e ci liberi dall’ imbarazzo‘. Non sembra pensarla diversamente Luigi Di Maio: “Sicuramente il marito avrà il diritto all’alloggio, ma sarebbe opportuno che Trenta lasci quella casa e poi il marito farà la richiesta per ottenere l’appartamento come tutti gli ufficiali dell’esercito, seguendo la normale graduatoria”. Così Luigi Di Maio, capo politico M5S, a Salerno.
Le critiche – “Altro giro, altra corsa! E anche oggi gli italiani hanno avuto un nuovo chiaro esempio della doppia morale grillina – attacca Licia Ronzulli, vicepresidente FI in Senato – urlano ‘onestà’ ma pensano solo a occupare le poltrone e, a quanto pare, gli appartamenti di servizio”. “Lasci subito quell’appartamento e torni a casa sua” – le fa eco Maurizio Gasparri, membro della commissione Difesa. L’ipocrisia del Movimento 5 stelle non ha limiti e pur di rimanere attaccati alle poltrone si insultano e scaricano le responsabilità a vicenda. Buffagni e il Movimento 5 Stelle– conclude Lollobrigida di Fratelli d’Italia – sapevano bene che la Trenta, già consigliere comunale del Ccd, aveva imparato a far politica nei partiti che loro dicono di combattere, ma dai quali mutuano le peggiori abitudini”
Gli articoli del Corriere della Sera e del Giornale
Così Fiorenza Sarzanini su Il Corriere della Sera. Ha ottenuto l’alloggio «di servizio» poco dopo essere stata nominata ministra della Difesa. Ma in quell’appartamento in uno dei luoghi più suggestivi del centro di Roma, Elisabetta Trenta ha deciso di rimanerci anche adesso che non ha più alcun ruolo pubblico. E ci è riuscita facendolo assegnare al marito, il maggiore dell’Esercito Claudio Passarelli. Una vicenda che imbarazza il dicastero ma soprattutto il Movimento 5 Stelle che l’aveva indicata per l’esecutivo come «esperta di questioni militari» e da sempre è schierato — almeno a parole — contro i privilegi. Anche perché la concessione potrebbe essere avvenuta aggirando i regolamenti, visto che la coppia ha una casa di proprietà nella capitale e dunque non sembra avere necessità di usufruire dell’alloggio. In ogni caso il «livello i» di dimora attribuito al momento di scegliere la casa per la ministra, è molto superiore a quello previsto per l’incarico e il grado del suo consorte. E dunque non è escluso che la magistratura contabile sia chiamata a valutare eventuali danni erariali e quella ordinaria debba verificare la regolarità della procedura di assegnazione. Senza contare che potrebbe essere il Movimento, primo fra tutti il capo politico Luigi Di Maio, a chiedere conto all’ex ministra di quanto accaduto. La richiesta di alloggio Si torna dunque al giugno 2018 quando Movimento 5 Stelle e Lega formano il governo guidato da Giuseppe Conte. Trenta viene scelta come responsabile della Difesa. In genere i ministri che risiedono a Roma o comunque hanno a disposizione un appartamento in città non ottengono l’alloggio di servizio. Si provvede a «blindare» la loro casa e a predisporre tutte le misure di sicurezza adeguate al ruolo mentre il trasferimento viene deciso soltanto in situazioni eccezionali di grave minaccia. Lei ha una casa al quartiere Pi- gneto, non sembra ci siano rischi particolari, però chiede una «residenza» dove si trasferisce con il marito. Si trova in uno stabile del ministero a poche centinaia di metri da piazza San Giovanni in Laterano. L’appartamento è al 2° piano, molto ampio, chi lo ha visto parla di «casa di alta rappresentanza». Il conflitto di interessi La procedura viene seguita dal V reparto della Stato Maggiore dell’esercito guidato dal generale Paolo Raudino. Ben prima che il governo giallo- verde entri in crisi, la ministra decide di rendere definitiva l’assegnazione. E così si stabilisce che l’intestatario sia il marito. In realtà appena due giorni dopo l’arrivo alla Difesa il rapporto tra Trenta e il consorte era stato al centro delle polemiche su un possibile
conflitto di interessi. Passatelli era infatti «ufficiale addetto alla segreteria del vice direttore nazionale degli armamenti all’ufficio Affari generali» e questo aveva spinto l’opposizione a sollevare il problema di possibili incompatibilità. Con una nota ufficiale i collaboratori di Trenta avevano dunque comunicato che «la ministra ha chiesto il trasferimento del capitano maggiore Claudio Passarelli per questioni di opportunità all’ufficio Affari generali, ret- to da un dirigente civile, che sovrintende alle esigenze organizzative e logistiche del funzionamento del segretariato generale». Lo spostamento in realtà non risulta avvenuto, ma evidentemente Trenta non ritiene che il suo legame familiare possa crearle problemi. Dunque va avanti la procedura relativa all’appartamento. E quando a fine agosto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte decreta la fine del governo giallover- de, Passarelli risulta intestatario dell’alloggio. I requisiti mancanti Secondo le regole del ministero della Difesa — pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale — gli alloggi «di servizio» vengono assegnati in base all’incarico ricoperto. E il grado di capitano maggiore di Passarelli non rientra tra quelli che possono ottenere un alloggio di primo livello, come è appunto quello occupato dalla ministra e ora rimasto nella disponibilità della coppia. E poi c’è da chiarire il problema della casa al quartiere Pigneto, visto che uno dei requisiti per entrare in graduatoria è dimostrare di non avere un’altra abitazione nel Comune di residenza. Circostanze sulle quali Trenta e suo marito dovranno fornire spiegazioni.La Selezione come 007
Il Giornale in un editoriale di sabato scorso ha rivelato informazioni che dovrebbero rimanere nelle segrete stanze delle nostre Agenzie dei Servizi Segreti. Era proprio una love story, quella tra i servizi segreti e la Link Campus, l’università romana fucina dei politici del Movimento 5 Stelle finita al centro dello scandalo del Russiagate. Dopo le rivelazioni sul ruolo nel complotto anti-Trump del professor Jospeh Mifsud, ormai irreperibile da tempo, ora salta fuori un dettaglio che riguarda la più nota tra gli esponenti grillini formatisi nell’ateneo fondato dall’ex ministro degli Interni Vincenzo Scotti. Si tratta di Elisabetta Trenta, laureata alla Link e nominata ministro della Difesa nel governo Conte 1. Che la Trenta avesse contatti nel mondo dell’intelligence per via familiare era noto: suo marito è un ufficiale dell’esercito che ha lavorato a lungo alle dipendente del generale Giovanni Caravelli, attualmente vicedirettore dell’Aise (l’ex Sismi). Ma evidentemente alla Trenta non bastava: voleva per se stessa un futuro da agente segreto in prima persona. Un atto interno all’Aise, che il Giornale ha a sua disposizione e di cui ha verificato l’autenticità, racconta che Elisabetta Trenta fece domanda di assunzione all’Aise all’epoca in cui gli 007 esteri erano guidati dal generale Alberto Manenti.
La Trenta riuscì a fare prendere in esame la sua candidatura, superò il primo scoglio e quando era a un passo dall’arruolamento si scontrò sull’ostacolo più banale, il colloquio psico-attitudinale. Si tratta dell’esame cui tutte le aspiranti spie devono sottoporsi anche nel caso (come quello della Trenta) che non siano destinate ad attività operative sul campo o a infiltrazioni. Si tratta di verificare parlando con psicologi e psichiatri se i candidati abbiano la solidità caratteriale per reggere una professione comunque complessa. E la Trenta viene bocciata.
I documenti dell’Aise dicono che alla dottoressa fu offerta a quel punto una sorta di premio di consolazione: l’assunzione come «articolo 7». L’articolo prevede una assunzione a tempo, per seguire progetti specifici alle dipendenze dirette del capo dell’agenzia. Quando il direttore cambia, gli «articoli 7» cessano automaticamente il servizio. E questo spiega perché la Trenta declina l’offerta: il suo referente sarebbe stato Manenti, il cui mandato alla testa dell’Aise era in scadenza. Appena il tempo di cominciare, e sarebbe rimasta a casa.
L’esponente grillina, d’altronde, da lì a pochi mesi si consolò a livelli ben più alti, venendo designata a ministro della Difesa, e incamerando in questo modo rapporti con i servizi segreti ben più solidi di quelli che avrebbe avuto come semplice agente a tempo determinato. Certo, può apparire singolare che un soggetto che non ha superato l’esame psichico per una posizione di basso livello venga scelto come ministro della Difesa: ma per i membri del governo non sono previste visite attitudinali. Da notare c’è che nella nuova veste, il ministro Trenta utilizza e rinsalda i rapporti che aveva già nella sua vita precedente: sia con Caravelli, l’ex superiore gerarchico di suo marito, sia con l’altro vicedirettore dell’Aise nominato dal premier Giuseppe Conte (prima versione, governo gialloverde) ovvero il generale della Finanza Giuseppe Caputo. I rapporti della Trenta con Caravelli e Caputo sono di pubblico dominio. E non si sfilacciano neanche quando nel maggio scorso l’Espresso accusa Caputo di essere tra i responsabili dell’acquisto di un software di spionaggio chiamato Exodus, che la Procura di Roma considera in realtà un pericoloso malware.
In estate il governo Conte 1 cade, e nel nuovo gabinetto la Trenta non viene confermata. Ma la storia della sua domanda di assunzione all’Aise rinfocola inevitabilmente gli interrogativi sul ruolo effettivo giocato dalla Link Campus nelle attività di intelligence del nostro governo. A partire dal ruolo di Alberto Manenti, che era a capo del’Aise quando i servizi americani chiesero l’aiuto italiano per frenare la corsa alla presidenza di Donald Trump, e che nei giorni scorsi La Verità ha indicato come il suggeritore della scomparsa di Mifsud. E che, nonostante sia in pensione, ha incontrato il capo della Cia in occasione della sua ultima visita a Roma.