Secondo l’allegato III della bozza la “linea di credito precauzionale e condizionata” per il Paese in difficoltà è disponibile se tutte le seguenti caratteristiche sono rispettate:
- deficit non superiore al 3% sul Pil,
- un budget strutturale in linea con il benchmark,
- rapporto debito Pil sotto il il 60% “o una riduzione nel differenziale a tale soglia nella misura di un ventesimo all’anno nella media dei due anni precedenti”.
- Non è tutto: è richiesta “l’assenza di gravi vulnerabilità del settore finanziario che mettano a rischio la stabilità finanziaria del membro Mes”.
E’ in quest’ultima frase che probabilmente si spiega il timore di Visco, il quale aveva anche messo in dubbio i possibili benefici di un piano di ristrutturazione del debito: “i piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default”.
“I governatori del Mes affidano alla Commissione europea il compito di valutare se la politica le intenzioni incluse nella lettera di intenti”, inviata dal governo come impegno formale al rispetto dei vincoli per l’accesso ai fondi, “sono pienamente coerenti con le misure di politica economica coordinamento previsto dal trattato sul funzionamento dell’Ue”.
Perché riformare il MesIl rafforzamento della protezione del fondo Salva stati potrebbe avere i suoi lati positivi. Infatti annunciare al mercato che eventuali crisi dei membri dell’Eurozona potrebbero contare sul supporto finanziario di un fondo di sicurezza ridurrebbe di molto le speculazioni su possibili uscite traumatiche dall’euro. Questa garanzia avrebbe due effetti: la riduzione del premio al rischio richiesto dagli investitori sul debito dei Paesi periferici come l’Italia, che pagherebbero meno interessi sui loro nuovi debiti; e, in secondo luogo, una minore costo-opportunità nell’adottare politiche di bilancio espansive fuori dai parametri europei.In questo contesto vanno letti i commenti di Matteo Salvini, che ha parlato della “fine della sovranità nazionale”. Va però precisato che il rafforzamento del Mes non comporta di per sé nuovi obblighi di finanza pubblica per i Paesi aderenti, ma viene potenziato il controllo dei governatori del Fondo sul rispetto delle condizioni necessarie perché l’erogazione di un prestito emergenziale possa partire. Finora l’Italia non ha mai avuto bisogno del denaro del Mes, a differenza della Grecia o della Spagna, anche se potrebbe averne in futuro – sono molti analisti a pensarlo. E’ evidente, però, che contribuire al fondo senza essere nelle condizioni per poter accedere al suo aiuto in caso di bisogno sarebbe decisamente inutile. Per questo è lecito pensare che, in caso di approvazione della riforma, crescerà l’incentivo per i governi verso politiche fiscali prudenti, che possano comunicare agli investitori che potranno, nel caso del bisogno, servirsi di un prestito di emergenza e rispettare i propri obblighi con i creditori.