Le società autostradali starebbero pensando di chiedere un adeguamento tariffario per i mancati incassi, dovuti alla perdita di traffico per causa del Covidl9. Gli automobilisti, invece, starebbero pensando di costituire associazioni per avanzare una richiesta di indennizzo per i rallentamenti da traffico che i cantieri in autostrada stanno producendo e che hanno ridotto lunghe tratte autostradali simili a percorsi a ostacoli.
In tutto questo il Governo, scrive Ansa, non accetta l’ultimatum di Atlantia che minaccia di sospendere i 14,5 miliardi di investimenti promessi dalla controllata Autostrade per l’Italia finché non arrivano le garanzie statali sugli 1,25 miliardi di prestiti richiesti.
La vicenda scuote la maggioranza. I 5S sono tra i più critici e attaccano la ministra dei trasporti del Pd Paola De Micheli, il cui dossier – a dire loro – non è stato visto da nessuno. Atlantia, denuncia i “gravi danni” determinati dal contesto di “incertezza” per la mancata decisione sulla revoca della concessione e la “grave tensione finanziaria” per i vari downgrade decisi dopo il Milleproroghe.
I 5S con il vice ministro dello sviluppo Buffagni hanno già detto no alla garanzia pubblica.
Il viceministro delle infrastrutture, Giancarlo Cancelleri parla di ricatto e si rivolge poi alle altre forze di maggioranza, a Pd e Iv, sollecitandoli a chiudere questa vicenda con la revoca: “Stiamo perdendo tempo revochiamogli le concessioni, questa non è gente seria“.
Il viceministro grillino ha già la soluzione, una sorta di asso nella manica: “Noi un piano ce l’abbiamo, commissariare direttamente Aspi” e sostituire Spea con Anas.
Nel mirino di Cancellieri anche il suo ministro, Paola De Micheli. Il viceministro sostiene che il dossier sulla vicenda Aspi, “non lo conosce nessuno, né il M5s, né altre forze di governo, né Conte”. Fonti al Mit, invece, sostengono che il dossier è già stato “completato” e inviato alla presidenza del consiglio per avviare il confronto “prima della decisione che avverrà nel Consiglio dei ministri.
Atlantia si difende. “Nessun ultimatum“, poi ricorda le 9 lettere inviate da gennaio a tutti gli attori istituzionali coinvolti e rimaste tuttora senza formale risposta “su nessuno dei punti salienti evidenziati o delle proposte formulate” e i due anni trascorsi in attesa di una decisione sulla concessione.
Poi c’è il problema del prestito. Atlantia fa notare che i 13 miliardi che Aspi dovrà raccogliere per i prossimi 6 anni per spese di investimento, manutenzione e rimborso dei debiti in scadenza, “rappresentano 10 volte il valore del prestito”. Sempre Atlantia confida in un “rapido superamento dello stallo”, dicendosi certa che nessun attore Istituzionale voglia recare deliberatamente danno ad una grande azienda del Paese, che impegna solo in Italia 13.500 dipendenti”.
Italia Viva sostiene che non si può far morire un’azienda come Atlantia e Aspi deve poter accedere al credito.