Un rapporto stilato dagli analisti del ministero dell’intelligence israeliano esorta il governo ad annettere il prima possibile i territori occupati in Cisgiordania, prima delle elezioni americane. Il rapporto informa il governo israeliano che l’annessione non dovrebbe causare violenza nelle strade, ci saranno proteste diplomatiche ma gradualmente avverrà l’accettazione dello “status quo”.
Il rapporto è stato pubblicato da Israel Hayom, il giornale di destra più letto in Israele. Oggetto del documento è il “piano di annessione” di Netanyahu, il piano presentato per la prima volta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 10 settembre 2019, pochi giorni prima delle elezioni di Israele. Si propone l’annessione da parte di Israele di numerosi insediamenti israeliani nei territori occupati, che sono considerati illegali dalle Nazioni Unite. Il piano è stato condannato dalle Nazioni Unite e da molti paesi occidentali, ma gode dell’approvazione della Casa Bianca. Alcuni gruppi palestinesi e diversi Paesi arabi hanno già avvertito Israele sulle gravi conseguenze in seguito all’annunciata annessione.
Ma il rapporto dell’intelligence, scritto su richiesta del ministro dei servizi segreti Eli Cohen, afferma che questi avvertimenti non dovrebbero preoccupare il governo israeliano. Una possibile annessione degli insediamenti israeliani provocherà alcune manifestazioni in tutto il mondo arabo, ma non “risveglierà la strada” contro i governi arabi. Il rapporto afferma: “Chiarirà ai leader arabi che la questione palestinese non è una minaccia” per la loro sopravvivenza politica.
Il rapporto va oltre. La mossa di forza da parte di Israele potrebbe avvicinare i governi arabi, poiché i leader arabi si renderanno conto che l’annessione delle terre palestinesi da parte dello stato ebraico non susciterà grandi reazioni tra i loro cittadini. Inoltre, suggerisce che i tempi per l’annessione funzionano a favore di Israele, poiché l’Autorità palestinese, che controlla la Cisgiordania, è stata sostanzialmente indebolita dal suo disaccordo con la Casa Bianca. Inoltre, specifica il documento, Hamas “non è pronta per un altro periodo di combattimenti” e la maggior parte dei palestinesi sono “per lo più preoccupati per i problemi della vita quotidiana”. Altri paesi stanno fronteggiando la pandemia da coronavirus.
Nella sua parte conclusiva, il rapporto sembra respingere il pensiero convenzionale secondo cui l’annessione degli insediamenti distruggerà anche la più remota possibilità di un accordo di pace tra Israele e i palestinesi. Riferisce che “dopo un periodo in cui il sistema internazionale si abituerà all’annessione”, i palestinesi e i loro sostenitori nella regione saranno costretti a “tornare ai colloqui di pace”, e persino a cercare “soluzioni sulle linee del 1967 e principalmente sugli aspetti territoriali ”. Nella sua sezione conclusiva, il rapporto suggerisce al governo israeliano di procedere il prima possibile con l’annessione in considerazione delle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti a novembre, il cui esito ad oggi è molto incerto.
La Lega Araba si è espressa contro la decisione di Israele di voler annettere alcuni territori della Cisgiordania, considerando l’eventuale mossa un “crimine di guerra” contro la popolazione palestinese.
La questione dell’annessione dei territori palestinesi riguarda altresì il progetto che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rivelato il 28 gennaio scorso, ovvero il cosiddetto Piano di Pace, altresì noto come “accordo del secolo”, volto a riportare la pace in Medio Oriente e a risolvere il conflitto arabo-israeliano. In particolare, il progetto, delineato in 181 pagine, se effettivamente attuato, potrebbe garantire a Israele il controllo di una Gerusalemme unificata, riconosciuta come capitale, oltre a preservare gli insediamenti israeliani negli attuali Territori Palestinesi, che includono la Cisgiordania e Gaza.
La Cisgiordania è considerata un territorio sotto occupazione militare israeliana da parte delle Nazioni Unite, ed è soggetto alla Quarta Convenzione di Ginevra del 1949. Tale status è stato riconosciuto ai territori palestinesi dalla comunità internazionale nel 1967, in seguito alla Guerra dei Sei Giorni. A seguito della vittoria di Israele, quest’ultimo da allora controlla i confini della Cisgiordania e la maggioranza del territorio in cui vive la popolazione palestinese. Un muro di separazione, lungo 570 km, segue la cosiddetta Linea Verde e divide i territori palestinesi da quelli israeliani, secondo le frontiere precedenti alla guerra del 1967. Israele non considera i territori palestinesi “occupati” e sostiene che in tali aree non si possa applicare il diritto internazionale di guerra, con riferimento alla Convenzione di Ginevra.