La Polizia di Stato di Trento, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, ha eseguito 8 misure cautelari restrittive della libertà personale a carico di altrettanti minorenni, residenti nel capoluogo ed in provincia. Gli indagati, tutti minori di diciotto anni oppure appena maggiorenni, sono stati collocati 4 in una comunità fuori regione e 4 in obbligo di permanenza in casa.
Le indagini portate avanti dal mese di ottobre 2019 dalla Squadra Mobile della Questura di Trento, sono state avviate allorché uno dei ragazzi raggiunti dalle misure cautelari è stato trovato, da un equipaggio della Volante della Questura di Trento, in possesso di circa 300 grammi di marijuana.
Le successive attività investigative delle Polizia di Stato hanno consentito di accertare come i minori facessero parte di una compagine più ampia, dai tratti associativi, ramificata sul territorio, dedita in via prioritaria alla vendita di droga del tipo hashish, marijuana e cocaina, non disdegnando anche di imporsi con metodi violenti laddove vi fossero stati debitori inadempienti.
Il territorio del capoluogo trentino è stato suddiviso dai compartecipi del sodalizio in vere e proprie “piazze di spaccio”. A nord, Gardolo, Canova e Roncafort; a sud, Aldeno e Ravina. A ciascun affiliato il compito di gestire lo smercio di stupefacente al dettaglio nei luoghi assegnati.
Al vertice del gruppo è stato individuato uno dei minori condotto in una comunità al di fuori del Trentino Alto Adige, divenuto maggiorenne nel corso delle indagini. Questi, per rimarcare il suo ruolo apicale, non ha disdegnato di ricorrere alla minaccia e alla violenza, nei confronti dei vari pushers insolventi oppure di coloro che avessero manifestato l’intento di collaborare con le Forze dell’Ordine.
Nel corso delle indagini è anche venuto alla luce come la clientela dei consumatori di stupefacente fosse per la maggior parte coetanea degli stessi venditori. Pertanto, la “domanda” veniva alimentata da ragazzi adolescenti oppure appena maggiorenni.
Le attività investigative della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura per i Minorenni, hanno permesso di individuare nelle pertinenze delle abitazioni degli indagati, cosi come nel parco Canova, situato a Gardolo, i luoghi ove sono avvenute la maggior parte delle cessioni di droga. Proprio il parco, assiduamente frequento dagli indagati, è divenuto un luogo privilegiato per quest’ultimi, a tal punto da essere invocato dagli stessi minorenni con l ‘espressione “Canova Regna” per esaltare la forza del gruppo.
Le indagini condotte dalla Squadra Mobile hanno permesso di disvelare quale fosse il modus operandi dei giovani pusher per consegnare la droga ai coetanei. Dapprima il contatto avveniva con una telefonata dai toni apparentemente neutri. Ma in realtà, attraverso un codice collaudato e con l’uso di un linguaggio criptico, si stipulavano accordi per le successive cessioni, formalizzate tramite social e servizi di instant messaging per eludere le attività investigative.
Un particolarità, ed allo stesso tempo una notevole capacità “imprenditoriale” di soddisfare sempre la “domanda”, è stata rilevata nello stretto legame tra gli spacciatori, tale da garantire che se il pusher contattato non avesse avuto al momento la disponibilità di stupefacente, dirottava l’acquirente da un suo pari in grado di offrirgli la droga desiderata.
Le indagini della Squadra Mobile continuano, coordinate dalla Procura della Repubblica di Trento, per risalire ai fornitori dello stupefacente della baby gang.