(di Massimiliano D’Elia) L’appuntamento con le votazioni regionali diventa sempre più una specie di “redde rationem” per il governo Conte. Ma a temere di più la tornata elettorale è il premier in prima persona. Conte legge tra le dichiarazioni dei leader politici e tra le fibrillazioni all’interno dei due maggiori partiti del governo il desiderio di trovare un “capro espiatorio” per giustificare la perdita dei consensi e per attribuire, al più sacrificabile (ministro o premier), le colpe di alcune scelte rivelatesi sbagliate e impopolari fatte durante l’emergenza della pandemia.
A preoccupare il presidente del Consiglio anche il silenzio del Quirinale. L’unica indicazione “perentoria” del Colle è stata quella di prevedere un passaggio parlamentare per porre la fiducia ad un eventuale rimpasto di governo (per la sostituzione di ministeri di prim’ordine). Una mannaia per l’avvocato pugliese, passare dai due rami legislativi significherebbe ammettere una mini crisi di governo, dando ulteriore benzina alle opposizioni. Ma spesso occorre rischiare, specialmente quando si riesce a leggere una probabile capitolazione, il discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini gli ha fatto correre i brividi dietro la schiena.
Conte pubblicamente ha, quindi, assicurato di avere piena fiducia nei suoi ministri ma l’idea di fare qualche sostituzione, magari prima delle regionali, potrebbe garantirgli la sopravvivenza politica accontentando il Pd e soprattutto Italia viva. Con un rimpasto “tattico”, Conte scongiurerebbe le insidie al Senato dove la maggioranza ha numeri molto risicati. Obiettivo, quindi, è quello di ottenere una fiducia “piena” per la sotituzione di qualche ministro di peso come quello dell’Interno, della Scuola e della Giustizia.
Conte però non lascia nulla al caso, ha incoraggiato anche le forze politiche che lo sostengono a procedere con maggiore convinzione alle alleanze territoriali. Così in un’intervista al Fatto Quotidiano: “È ragionevole che le forze politiche che mi sostengono provino a dialogare anche a livello regionale: in Puglia e nelle Marche presentarsi divisi espone al rischio di sprecare una grande occasione”.
Il capo politico del Movimento , Vito Crimi, molto stizzito dell’iniziativa del premier ha chiosato: “Le alleanze si fanno solo dove ci sono le condizioni”. Condizioni però che nelle Marche e in Puglia non ci sono.
Ieri i candidati delle due Regioni in questione hanno lanciato messaggi al veleno. Il marchigiano Gian Mario Mercorelli, in quota centrosinistra, ha detto: “L’invito di Conte giunge fuori tempo massimo. Non c’è alcuna possibilità di raggiungere un accordo e io non mi vendo per una poltrona”.
Più dura la pugliese pentastellata Antonella Laricchia: “Non chiedetemi di piegare la testa, piuttosto trovate il coraggio di tagliarla. Prima degli interessi di Conte ci sono quelli dei corregionali”.
Qualcosa non torna. La base tramite la votazione sulla piattaforma Rousseau ha detto Si alle alleanze territoriali, la dirigenza politica del Movimento sostiene l’idea ma poi i rappresentanti sul terriotorio si ribellano. A che gioco stanno giocando? Forse anche loro hanno maturato l’idea di buttare giù Giuseppe Conte? Domanda che si stanno ripetendo via chat anche i dirigenti del Pd.
La soluzione è quella di non mandare gli italiani alle urne regionali. Ai tempi del CoViD-19 tutto è possibile con lo stato di emergenza decretato fino al 15 ottobre. Un retroscena rivelato da Dagospia sostiene che il Comitato Tecnico Scientifico, alla luce dell’aumento dei contagi, starebbe sussurrando al governo di posticipare le elezioni regionali. Le opposizioni stanno già sul piede di guerra.
A proposito dell’incremento del numero dei contagi occorre precisare che da qualche giorno sono stati aumentati i tamponi di 20000 unità: più tamponi, più casi….chiaro! Allora, perchè sono stati aumentati solo ora i test?