Meloni si prepara a portare al tavolo europeo un messaggio chiaro: dialogare e mantenere l’unità sono essenziali per non essere esclusi dai negoziati internazionali. Con il mondo in rapida trasformazione, l’Europa deve essere pronta a giocare un ruolo attivo e coeso, evitando divisioni interne e cercando di sfruttare ogni occasione per rafforzare la propria posizione strategica
di Emanuela Ricci
Un’Europa unita nel sostegno all’Ucraina, senza divisioni interne e con un occhio al mantenimento del rapporto con gli Stati Uniti. È questa la linea su cui Roma si muove nelle ultime ore, in un contesto di tensioni diplomatiche tra Monaco e Kiev. Fonti italiane ribadiscono un concetto chiave: «Senza gli Usa a bordo non si va da nessuna parte». Tuttavia, in Baviera cresce il timore che gli Stati Uniti vogliano escludere l’Unione Europea dai negoziati, come lasciato intendere dalle dichiarazioni di Keith Kellogg, inviato speciale americano per l’Ucraina e la Russia.
L’Italia, invece, intravede spiragli di dialogo. Marco Rubio, Segretario di Stato americano, è apparso «più prudente e meno tranchant» rispetto a Kellogg, alimentando la speranza di portare anche l’Europa al tavolo dei negoziati. Il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani invita alla calma: «Agitarsi è segno di debolezza, non di un’Europa forte».
Meloni pronta a guidare l’Europa verso una maggiore autonomia strategica
La premier Giorgia Meloni ha sottolineato più volte la necessità di trasformare «crisi e difficoltà in opportunità», concetto che ribadirà durante il vertice straordinario che Emmanuel Macron sta organizzando a Parigi con i leader europei. L’obiettivo è trovare una posizione unitaria per fronteggiare la corsa americana verso un accordo che rischia di lasciare l’Europa ai margini.
Meloni, già al Consiglio europeo di febbraio, aveva invitato gli altri leader a non intraprendere un percorso di scontro frontale con Washington. Tuttavia, all’epoca non erano ancora arrivate le dure prese di posizione dell’ex presidente Trump, né le sue minacce di guerra commerciale a suon di dazi. La premier intende ora evitare tensioni e distanze con gli Stati Uniti, soprattutto su un tema delicato come la guerra in Ucraina.
Relazioni diplomatiche e il ruolo dell’Italia
Forte del rapporto personale con Donald Trump, coltivato anche durante una visita a Mar-a-Lago, Meloni intravede nella posizione americana una possibilità per svegliare l’Europa e spingerla verso una maggiore autonomia strategica, soprattutto sul piano militare. Un obiettivo che, tuttavia, resterà irraggiungibile se l’Unione Europea non supererà le rigide regole di bilancio che la governano.
L’annuncio della presidente della Commissione Ursula von der Leyen sull’intenzione di scorporare le spese militari dal Patto di stabilità è visto da Roma come un passo cruciale che deve diventare realtà il prima possibile. La premier è determinata a fare pressione sugli altri leader europei per convincerli della necessità di questo cambiamento, anche di fronte alle resistenze della Germania e dei Paesi Bassi, tradizionalmente più attenti all’austerità.
Meloni potrebbe trovare in Macron un alleato su questo fronte. Il presidente francese ha sempre mostrato sensibilità al tema della difesa e potrebbe unirsi a Roma nel promuovere un aumento delle spese militari.
Spese militari e nuovi parametri di calcolo
Per l’Italia, l’aumento delle spese per la difesa è diventato una priorità assoluta. L’obiettivo di portare la spesa al 2% del Pil entro il 2028, richiesto dalla Nato, è già in corso di discussione. Tuttavia, l’Italia sta cercando di includere nel conteggio nuove voci di spesa, come gli investimenti in satelliti, intelligenza artificiale, supercomputer e componenti cyber, attualmente esclusi dai calcoli ufficiali.
Fonti autorevoli italiane sottolineano che, con l’inclusione di queste spese, l’Italia sarebbe già molto vicina al target del 2%. Questo aspetto diventa ancora più rilevante alla luce delle richieste di Trump di portare la spesa al 5%, includendo anche agli investimenti in tecnologie avanzate. Anche perchè la nascita di nuovi domini di confronto nel settore militare, come spazio e cyberspazio, richiedono investimenti ingenti che non possono non essere inclusi nel budget della Difesa e del Mimit, in un bilancio sempre più integrato tra i due dicasteri. Allora sì, che supereremo, gradualmente, il 5% del Pil in investimenti per difesa e sicurezza, tanto auspicato dal presidente americano.
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