di Andrea Pinto
L’Europa si trova di fronte a una svolta nella gestione della guerra in Ucraina, complice la crescente incertezza sul futuro ruolo degli Stati Uniti. Il possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha accelerato la necessità per il Vecchio Continente di elaborare una strategia autonoma, nell’eventualità di un disimpegno progressivo di Washington dal conflitto. Il primo segnale concreto di questo nuovo approccio sarà l’incontro in programma mercoledì a Bruxelles, dove alcuni dei principali leader europei discuteranno l’ipotesi di un intervento diretto. Non si tratta di inviare soldati a combattere al fianco dell’esercito ucraino, ma di studiare preliminarmente la possibilità di una forza di pace europea che, in futuro, possa monitorare un eventuale accordo tra Mosca e Kiev.
L’incontro, al quale parteciperanno il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il segretario generale della NATO Mark Rutte, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron, il polacco Andrzej Duda e le principali cariche europee, sarà un banco di prova per capire quanto l’Europa sia pronta ad assumere un ruolo centrale nella sicurezza dell’UE. La questione è resa ancora più urgente dall’assenza di un chiaro piano statunitense per chiudere il conflitto e dalle incertezze che circondano le intenzioni di Trump. Rimane aperto l’interrogativo se, in caso di un maggiore impegno europeo, anche Washington sarebbe disposta a contribuire o se delegherà completamente la gestione della crisi agli Alleati regionali.
All’interno dell’Unione Europea, le posizioni restano distanti. Il presidente francese Emmanuel Macron è il più esplicito sostenitore di un coinvolgimento europeo, non escludendo nemmeno l’invio di truppe francesi sul fronte, una posizione che finora non ha trovato sostegno significativo tra gli altri governi. A fianco di Parigi potrebbe schierarsi il Regno Unito, mentre il segretario generale della NATO Mark Rutte insiste sulla necessità che l’Europa abbandoni la sua inerzia, investendo molto di più nella difesa. Secondo Rutte, i paesi occidentali non sono adeguatamente preparati per un eventuale conflitto con la Russia, ed è tempo di adottare una “mentalità di guerra” per scongiurare scenari peggiori. Le sue parole, però, hanno sollevato perplessità in molti governi, preoccupati dalla difficoltà di giustificare ulteriori aumenti delle spese militari a un’opinione pubblica già provata dalla crisi economica in corso.
In Italia il ministro della Difesa Guido Crosetto ha aperto alla possibilità di considerare una forza europea di peacekeeping, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha mostrato maggiore prudenza, giudicando l’ipotesi prematura vista l’intensificazione degli scontri al fronte. Questa spaccatura riflette le difficoltà dell’intera Europa nel trovare una linea comune, soprattutto su un tema così delicato e divisivo.
Intanto, sul campo di battaglia, la guerra prosegue senza sosta. L’avanzata delle forze russe nel Donbass prosegue in modo inesorabile, concentrandosi soprattutto nella zona meridionale dell’oblast di Donetsk. Mosca ha annunciato la conquista di due villaggi strategici nei pressi di Pokrovsk e Kurakhove, centri chiave per la logistica ucraina. Il controllo di queste aree aprirebbe nuove vie per ulteriori avanzate russe, rendendo ancora più critica la situazione per Kiev.
Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato l’intensità degli attacchi russi, che solo nell’ultima settimana hanno colpito l’Ucraina con oltre 100 missili, 600 bombe e 550 droni d’attacco. Zelensky ha ringraziato i partner occidentali per il sostegno, rinnovando implicitamente l’appello a rafforzare le difese aeree del Paese. La resistenza ucraina è definita “estenuante”, soprattutto nelle aree circostanti Kurakhove e nella città strategica di Chasiv Yar più a nord. Kiev riconosce la complessità della situazione ma annuncia operazioni per migliorare la posizione tattica delle proprie truppe.
Secondo l’Institute for the Study of War (USA), scrive l’Ansa, il mese scorso la Russia ha conquistato più territorio ucraino rispetto a qualsiasi altro mese dal marzo 2022, confermando la priorità assoluta di Putin per la conquista totale del Donetsk.
Parallelamente, un incidente rilevante si è verificato nello stretto di Kerch, nel Mar Nero. Due petroliere russe, con 29 membri dell’equipaggio a bordo, sono state gravemente danneggiate da una tempesta, provocando la fuoriuscita di petrolio. Una delle navi si è spezzata in due e affondata, causando 1 morto e 11 feriti. L’incidente solleva preoccupazioni per un possibile disastro ambientale, simile a quello del 2007, quando una petroliera riversò 1.000 tonnellate di greggio nel mare. Putin ha ordinato un’inchiesta sull’accaduto.
La giornata riflette dunque sia l’intensificarsi del conflitto militare nel Donbass sia le conseguenze ambientali di incidenti nella regione.
In parallelo, emergono nuove notizie che, sebbene difficili da verificare, rivelano le difficoltà di Mosca sul fronte. Secondo fonti ucraine, soldati nordcoreani sarebbero entrati in azione nella regione di Kursk, ma errori tattici avrebbero provocato il fuoco amico, causando la morte di otto soldati russi. Se confermata, questa vicenda evidenzierebbe ulteriormente le crepe operative di un esercito russo che, nonostante la potenza del suo arsenale nucleare, fatica a raggiungere risultati significativi dopo quasi tre anni di conflitto.
Immagine generata con IA
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