Lo storico incontro tra il presidente americano Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong Un rischia di saltare per via di un’esercitazione militare congiunta tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud, iniziata venerdì scorso. A mettere in dubbio un appuntamento previsto il 12 giugno a Singapore è stata la Corea del Nord, che ha fatto saltare all’ultimo minuto un meeting di alto livello previsto con funzionari di Seul mercoledì 16 maggio.
La Corea del Nord terrà i negoziati di massimo livello con gli Stati Uniti solo se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è interessato non solo a risolvere la questione nucleare, ma anche a migliorare le relazioni con Pyongyang, queste le parole pronunciate dal viceministro degli esteri nordcoreano Kim Kye-gwan. “Non saremo più interessati ai colloqui – ha detto come riportato dall’agenzia di stampa Yonhap – se provassero solo a spingerci unilateralmente in un angolo e costringerci a rinunciare alle bombe nucleari: sarebbe inevitabile riconsiderare la circostanza se rispondere al prossimo vertice con gli Stati Uniti”.
Il diplomatico nordcoreano ha esortato Washington ad avviare colloqui con Pyongyang con un autentico interesse nel migliorare le relazioni bilaterali per ottenere una risposta positiva dalla Corea del Nord. Il colloquio tra Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-Un è previsto per il 12 giugno a Singapore.
Il repentino cambio di posizione di Pyongyang sul summit Trump-Kim è stato oggetto di discussione, nella mattina di oggi, tra il ministro degli Esteri di Seul, Kang Kyung-hwa, e il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, che hanno avuto un colloquio telefonico.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa sud-coreana Yonhap, Pompeo ha confermato l’intenzione Usa di continuare a preparare il summit, come già preannunciato dalla sua portavoce, Heather Nauert, mentre Kang ha ribadito la “ferma risolutezza” di Seul a mettere in atto gli accordi raggiunti con il Nord nel corso del vertice inter-coreano del 27 aprile scorso tra il presidente sud-coreano, Moon Jae-in, e lo stesso Kim, volti alla pace permanente e alla “completa denuclearizzazione” della penisola coreana.