(di John Blackeye) Quando hai delle scadenze importanti da rispettare e non vuoi fare la fine degli insolventi, anche nei tempi di coronavirus sei costretto a stamparti l’autocertificazione giusta e a metterti in fila per entrare nell’Ufficio Postale. Non ci andavo da più di un mese, da quando è partita questa “quarantena per tutti”.
Quello che fino a qualche mese fa si presentava come una bolgia infernale in cui, tra numeretti, anziani in fila per la pensione e gente impaziente che imprecava per il tempo perso a pagare una bolletta, oggi si presenta come un ambiente surreale. Come surreale è tutto l’ambiente esterno circostante che ho dovuto attraversare per arrivare in quel posto.
Le auto in giro sono pochissime, i negozi sono chiusi tranne quelli di alimentari e nel silenzio totale, sotto un sole primaverile, che però non scalda ancora come dovrebbe, decine di persone sono in fila indiana, distanziati di alcuni metri, con la mascherina sulla faccia, in attesa di entrare uno per volta nell’Ufficio Postale, per fare qualche operazione necessaria alla propria sopravvivenza.
Sono in fila anche io. La Direttrice dell’Ufficio è fuori come Caronte, pronta a traghettare uno per volta i clienti dall’esterno all’interno. Tutto è limitato, tutto è protetto, anche gli impiegati che con la mascherina e i guanti svolgono stoicamente il loro lavoro cercando di dare un senso di normalità ad un mondo che in poche settimane ha cambiato i propri connotati.
Dietro di me una signora pare che stia parlando da sola ma poi mi accorgo che ha un cagnolino miniaturizzato in una borsa che porta a tracolla. A questo punto si aprono due strade nelle valutazioni che sto facendo nella mia mente: o il cagnolino è un fenomeno della natura perchè parla l’italiano o la signora non sta messa proprio bene. Si perché sta facendo al cagnolino lunghi discorsi ad alta voce, tenendolo “prigioniero” in quella borsa.
Il cagnolino si lamenta perché vorrebbe camminare – come è normale che facciano gli animali – e lei lo ammonisce come una volta le donne facevano con i bambini. Ora lo fanno con i cani perché i bambini sono un impedimento allo stile di vita moderno, palestre, cocktail, shopping, meeting, telefonate, week-end fuori città ecc. O forse sarebbe il caso di parlare dello stile di vita precedente al virus. Perché si spera proprio che tutto non torni come prima ma che tutto migliori.
Peccato però che il virus si sia presentato inaspettato all’appuntamento con il mondo e abbia ricacciato tutti dentro casa. Potenti, meno potenti, intellettuali, ignoranti, donne in carriera e casalinghe, giovani e anziani, sono rintanati in casa per paura di perdere il bene più grande che si possiede: la vita.
Ma mentre la signora continua a parlare con il cane cercando a tutti i costi di attirare l’attenzione degli altri personaggi in fila, un uomo seduto sui gradini laterali, che pare non essere li per fare qualcosa di importante, si sta godendo quei raggi di Sole tiepido mentre ride e borbotta a distanza, manifestando il suo disappunto a quella scena in cui sta vedendo qualcosa che non va per il verso giusto. E chi può dargli torto.
Stanco di vedere la signora intenta a mettere in atto il suo piccolo spettacolo teatrale, quell’uomo, con accento dell’est, scuro di carnagione e di taglia XXL, poggiato ad un bastone, inizia a dire alla gente in fila che non bisogna avere paura se si ha Dio. Senza urlare, pacatamente e con un italiano stentato, sta invitando tutti ad avere fede in Dio, aggiungendo che chi ha fede non deve temere nulla. Una signora che mi sta davanti muove il capo in segno di disappunto e accenna a qualcosa che non si capisce. Tra me e me penso che sarà un’altra di quelle che da secoli va dicendo in giro di essere credente ma non praticante.
Così, la signora con il cagnolino nella borsa, si vede rubare la scena da quell’uomo che probabilmente viene dai Balcani e stamattina sta dicendo cose sacrosante.
Sta dicendo a tutti che abbiamo perso di vista Dio, anzi, che lo abbiamo scaraventato fuori dalle finestre delle nostre vite. Quell’uomo sta dicendo che se ci rivolgessimo a Dio tutto si risolverebbe – ed è vero – ma mentre dice questo mi guardo attorno e vedo che fuori dai balconi ci sono tante bandiere tricolori poste “a protezione” della casa. Segno che l’italiano medio, compresi moglie e figli, imbottito di calcio e di televisione, crede di poter utilizzare un insignificante spettacolo sportivo, per risolvere tutti i problemi, anche le pandemie. Non mi meraviglierei se fuori da quei balconi ci trovassimo anche i Fantastici Quattro o qualche altro supereroe della Marvel, tanta è l’alienazione che ha oltrepassato e trafitto le nostre coscienze.
L’uomo continua a parlare pacatamente e con un sorriso sulla bocca e dice a tutti che se preghiamo lo Spirito Santo le cose cambieranno sulla terra. Ma le persone che mi sono attorno parlano oramai tutta un’altra lingua. Non lo capiscono. Dio, lo Spirito Santo, la Madonna, sono per quasi tutti, personaggi di cui si è sentito parlare, nella migliore delle ipotesi, durante il catechismo quando si era bambini. Ora, tutta quella gente, oltre che alle bandiere tricolori affida ciecamente la propria vita alla scienza, la stessa scienza che per colpa di un virus che sta imperversando sul mondo, si è mostrata per quello che è: impotente.
Arriva il mio turno, la Direttrice mi fa cenno che rispettando certe condizioni posso entrare. Mi lascio l’uomo alle spalle. Faccio l’operazione importante che dovevo fare, in un ufficio postale da sogno, cioè vuoto ed efficiente. Poi esco fuori e non trovo più quell’uomo. È andato, forse è da qualche altra parte a cercare di parlare di Dio alla gente. Oppure deluso dall’imperante ateismo che ha oramai pervaso tutti gli italiani, ha abbandonato quel campo di battaglia, sentendosi sconfitto.
Peccato, uscendo, avrei voluto rivederlo li fuori mentre predicava. Avrei voluto ringraziarlo per la sua testimonianza di fede e poi, avrei voluto dirgli che forse non è tutto perduto. Forse ce la possiamo ancora fare. Magari accostandomi al suo orecchio gli avrei sussurrato che qualche minuto prima, quando ha iniziato a parlare di Dio, qualcuno, nella fila, stava recitando il Rosario.