Afghanistan: “Talebani avanzano, italiani in prima linea” Rapporto Milex, spesi 7,5 miliardi di dollari. Situazione “molto critica”.
In un Afghanistan dove i talebani sono tutt’altro che sconfitti, ma al contrario guadagnano terreno ogni giorno, è “molto critica” la situazione anche nell’ovest del Paese dove sono schierati i militari italiani: i quali, per fronteggiare l'”insorgenza”, sono “tornati in prima linea”. È quanto si legge nel rapporto “Afghanistan, sedici anni dopo”, redatto dall’Osservatorio Milex, che si occupa soprattutto di spese militari. E quelle sostenute dai vari Paesi per la guerra in Afghanistan ammontano finora a 900 miliardi di dollari, di cui 7,5 li ha sborsati l’Italia. In un anno, dal novembre 2015 al novembre 2016, la percentuale di territorio strappato o conteso dai talebani al governo di Kabul sarebbe passata dal 28 al 43 per cento. Diversi distretti sono stati riconquistati anche nelle quattro province occidentali sotto il controllo del comando militare italiano, quelle di Farah, Badghis, Herat e Ghor, dove si continua a combattere. E la risposta dei soldati italiani, “ordinata dalla Nato – scrive Milex – è stata il ritorno in prima linea, a tre anni dal ripiegamento nella base di Herat”. E dunque, “dall’ inizio del 2017, piccoli contingenti denominati “Expeditionary Advisory Package” sono tornati al fronte, non per combattere ma per supportare in loco (non più da remoto come avvenuto negli ultimi anni) le contro-offensive dell’Esercito afgano. A queste attività prendono parte anche forze speciali (i Rangers del 4º Alpini a supporto dei commandos afgani) ed elicotteri da attacco A-129 Mangusta, a protezione del personale italiano”. Gli italiani – si legge ancora nel rapporto – sono attualmente un migliaio e costituiscono il secondo contingente straniero, dopo quello americano. Costo di quella che viene definita “la piu’ lunga e cara campagna militare della storia d’Italia”, dal novembre 2001 e tenendo conto solo delle “spese ufficiali”, 7 miliardi e mezzo di dollari, su un totale di 900 dell’intera coalizione internazionale e “a fronte di 260 milioni investiti in iniziative di cooperazione civile”. Alto il numero delle vittime civili del conflitto: circa 35.000, secondo un dato “molto sottostimato” e che non tiene conto delle “vittime indirette, dovute alle precarie condizioni di vita legate al conflitto” calcolate in 360 mila dalla Brown University americana. Secondo la missione Onu Unama “negli ultimi sette anni (2009-2016) è triplicato il numero dei bambini rimasti uccisi e sestuplicato quello dei bambini feriti”. Il rapporto Milex contesta, poi, i progressi che sarebbero stati fatti dalla popolazione nei 16 anni di presenza delle truppe straniere: “a parte un lieve calo delll’analfabetismo (dal 68% al 62%) e un modestissimo miglioramento della condizione femminile (limitato alle aree urbane maggiori)”, l’Afganistan “ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile, tra le più basse aspettative di vita del pianeta ed è ancora uno dei Paesi più poveri e corrotti del mondo”. Il business della droga “dal 2001 è rifiorito” ed il fatto che da questo Paese la gente vuole scappare lo dimostra il fatto che “tra i richiedenti asilo in Europa negli ultimi anni, gli afgani sono i più numerosi dopo i siriani”. “Se la soluzione militare di una sconfitta dei talebani appare ormai poco realistica, si fa sempre più strada negli ambienti diplomatici internazionali la convinzione che essi vadano considerati come imprescindibili interlocutori per la pacificazione del Paese”, osserva Milex, secondo cui “l’alternativa al dialogo con i talebani e alla loro inclusione in un governo federale e multietnico (accompagnato dal ritiro delle truppe Usa e Nato) è solo il prolungamento indefinito di una guerra sanguinosa che nessuno ha la forza di vincere che sprofonderà l’Afghanistan in una situazione di caos e instabilità sempre maggiori”.
Foto: askanews