Alla conquista dell’Artico, la competizione tra Usa/Nato, Russia e Cina

di Massimiliano D’Elia

Quattro bombardieri, due Tu-95 russi e due H-6 cinesi, si sono avvicinati alla zona di identificazione dell’Alaska a fine luglio. Sebbene non abbiano violato lo spazio aereo degli Stati Uniti e non siano stati considerati minacciosi, il comando aerospaziale americano (Norad) ha fatto decollare caccia F-16 e F-35, a cui si è aggiunto un CF-18 Hornet canadese.

E’ la prima volta che russi e cinesi operano con le loro aeronautiche insieme. Forse hanno voluto mandare un segnale in risposta alla “Strategia Artica” pubblicata da Washington la settimana scorsa. Un aggiornamento di un documento già esistente del 2022. Oggi il contesto è cambiato con la guerra in Ucraina e Medio Oriente, con l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO e con le conseguenze dei cambiamenti climatici. Nel 2030, le rotte marittime artiche potrebbero sperimentare la loro prima estate senza ghiaccio, avverte il Pentagono, scrive Le Figaro. La crescente cooperazione tra Russia e Cina è probabile che modifichi la stabilità dell’Artico e il panorama delle minacce che gravano sulla regione, sottolinea il Pentagono nel documento reso pubblico, preoccupandosi delle esercitazioni militari congiunte delle due potenze nell’Artico o vicino alle coste dell’Alaska, delle loro cooperazioni, come quella firmata nel 2023 tra l’FSB e la guardia costiera cinese.

La Russia percepisce la regione artica, e la “rotta del Nord” che costeggia le sue coste, come un territorio strategico da proteggere. Vi ha concepito una “roccaforte”. Mosca cerca di imporre la sua interpretazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Il testo prevede disposizioni specifiche per gli oceani ghiacciati. La Russia intende invece mantenere un controllo esclusivo sulla rotta del nord. La Cina si prepara, invece, per il giorno in cui le rotte di navigazione saranno aperte senza ostacoli. Pechino vuole stabilire una via della seta polare che mitigherebbe la sua dipendenza dagli stretti verso l’Oceano Indiano, diventati ultimamente instabili.

La marina russa rimane di gran lunga la meglio attrezzata con una quarantina di navi, tra cui rompighiaccio a propulsione nucleare. Anche se il comunicato finale dell’ultimo vertice della NATO non menziona l’estremo nord, è in corso una riflessione all’interno dell’Alleanza. Come dimostrazione che è iniziata una nuova era, due bombardieri americani B-52 hanno attraversato per la prima volta lo spazio aereo della Finlandia a fine luglio, a poche centinaia di chilometri dalle basi strategiche russe della penisola di Kola.

Sopra il Polo Nord, le comunicazioni satellitari soffrono delle limitazioni delle orbite geostazionarie: i mezzi di comunicazione sono quindi limitati. La copertura radar non è abbastanza ridondante, lasciando zone cieche. Gli alleati osservano anche attentamente il dispiegamento di sottomarini cinesi nell’Artico. Per ora, Pechino non ha ancora il know-how. Nella sua strategia artica, il Pentagono elenca gli sforzi da compiere per garantire le comunicazioni militari oltre il 65º parallelo nord. Nel 2030, gli Stati Uniti e i loro alleati artici opereranno con più di 250 aerei multiruolo che potrebbero essere impiegati in missioni artiche, si legge nel documento. Aumentare le nostre capacità artiche, in particolare in termini di consapevolezza del dominio e di comunicazione, permetterà al Dipartimento della Difesa di monitorare meglio e rispondere alle minacce provenienti dall’Artico o attraverso l’Artico, precisa il rapporto.

Il Pentagono evidenzia, pertanto, la necessità di modernizzare i mezzi di rilevamento americani e canadesi a disposizione del Norad. Si parla anche dell’implementazione di capacità di allerta nello spazio contro il lancio di missili. Anche se la regione dispone di risorse, il rischio di un conflitto per il controllo dell’Artico è ancora molto basso. Tuttavia, le tensioni internazionali potrebbero estendersi a questa zona.

L’unico luogo da cui Mosca può proiettare la sua potenza navale verso l’Atlantico è Kola, attraverso l’Artico. I paesi occidentali dovrebbero stabilire una nuova dottrina adattata all’Artico per scoraggiare la Russia dall’adottare comportamenti aggressivi. I principali rischi riguarderebbero i mezzi di guerra ibrida, sotto la soglia del conflitto, come il disturbo dei segnali GPS o le operazioni nei fondali marini.

Gli occidentali conducono regolarmente esercitazioni nella zona artica, come Ice Camp la scorsa primavera, che ha portato la marina statunitense a inviare due sottomarini. Le marine canadese, australiana, britannica e francese hanno già partecipato alle manovre di adattamento all’ambiente polare. Le conseguenze della guerra in Ucraina hanno, però, alterato il senso russo di superiorità nell’Artico. Mosca ha la sensazione di essere insicura in una regione che controllava. Anche se l’esercito russo si è riorganizzato, le forze terrestri nell’Artico sono state ridotte per sostenere la guerra in Ucraina. Mosca teme soprattutto che l’Occidente rafforzi la sua presenza marittima nell’Artico in nome della libertà di navigazione. Potrebbe pertanto aprirsi, in un prossimo futuro, una nuova crisi proprio nella regione artica.

La corsa nella costruzione di navi rompighiaccio

In tale ottica recentemente Canada, Stati Uniti e Finlandia hanno siglato l’Ice Pact per costruire nuove navi rompighiaccio allo scopo di contrastare la supremazia russa nell’Artico.

Oltre alla sicurezza economica e climatica, questa cooperazione mira soprattutto a contrastare le ambizioni della Russia nell’Artico. I tre paesi alleati accusano un notevole ritardo rispetto a Mosca per quanto riguarda la loro flotta di rompighiaccio. Secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Mosca possiederebbe 46 rompighiaccio operativi e altri dieci sarebbero in costruzione. Gli Stati Uniti ne hanno solo 5 ormai alla fine della loro vita operativa, il Canada una decina e la Finlandia 12. Oltre al vantaggio numerico, Vladimir Putin è l’unico a disporre di rompighiaccio nucleari, capaci di navigare tutto l’anno tra i ghiacci polari. L’Ice Pact tra Helsinki, Ottawa e Washington mira a colmare queste lacune attraverso la condivisione del know-how delle tre nazioni.

Secondo diverse fonti, gli alleati dell’Ice Pact mirerebbero a costruire dai 70 ai 90 rompighiaccio. Gli americani non hanno fornito una tempistica. Il Canada ha assicurato che 6 navi saranno costruite nei prossimi anni dai cantieri navali Davie del Québec e che altre due saranno costruite a Vancouver.

Nell’Artico russo i rompighiaccio facilitano il percorso della rotta del Nord per le petroliere e le metaniere russe, permettendo loro di sfuggire alle sanzioni occidentali. Vladimir Putin ha previsto da più di un decennio l’importanza militare ed economica del Grande Nord, avviando regolarmente la costruzione di rompighiaccio. Mosca ha iniziato lo scorso gennaio la costruzione di un gigantesco rompighiaccio nucleare di 170 metri, il Leningrado. Un altro, la Russia, ancora più imponente, con i suoi 209 metri, dovrebbe essere consegnato nel 2027. Anche la Cina, nel quadro della sua strategia delle “vie della seta polari”, sta rafforzando la sua capacità artica. Pechino ha varato il suo quarto rompighiaccio il 5 luglio scorso.

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