(di Massimiliano D’Elia) Alta tensione all’interno dei Cinque Stelle dopo la votazione per la vicenda Diciotti. Anche la Giunta per le Immunità salva Matteo Salvini e sancisce, con 16 si e 6 no, che il titolare del Viminale non andrà a processo davanti al Tribunale dei ministri di Catania. Il voto dovrà, tuttavia, essere approvato anche al Senato. Proprio a Palazzo Madama si è animata ieri la protesta dei senatori del PD: tra loro Simona Malpezzi, Teresa Bellanova e Davide Faraone, urlano “onesta’” e “vergogna”, appena viene reso noto l’esito del voto. Mostrano cartelli con su scritto “#decideCasaleggio” “#Lachiamavanoonesta‘” . Il loro obiettivo sono i Cinque Stelle e in particolare il senatore, Mario Michele Giarrusso che sta di fronte. Gli urlano “dimettiti, buffone!“. Ma lui, imperturbabile, a pochi metri dai contestatori, replica, spostando l’attenzione dal caso Diciotti a quello dei genitori di Matteo Renzi. “Parlano di onestà – contrattacca con i cronisti – ma mio padre e mia madre sono regolarmente a casa: mentre genitori di altri sono ai domiciliari…”. Quindi, andando via, saluta i contestatori facendo il gesto delle ‘manette’ con i polsi incrociati. A dire no al processo anche i 4 senatori di FI, Gasparri, Malan, Modena e Paroli; i 4 della Lega-partito Sardo d’azione: Pillon, Tesei, Pellegrini, Augussori; Meinhard Durnwalder del gruppo Autonomie e Balboni di FdI. Sul fronte opposto, i 4 senatori del Pd: Cucca, Rossomando, Ginetti e Bonifazi; Pietro Grasso di LeU e Gregorio De Falco (ex M5S) ora al gruppo Misto. In Giunta è andata come si prevedeva, ora iniziano i dolori all’interno dell’elettorato del Movimento, scosso nel profondo da questa vicenda. Da un lato, i vertici, a partire dal capo politico Luigi Di Maio, esaltano il ricorso al voto online, osservando che con questa modalità il voto è stato “deciso democraticamente dagli iscritti”. Gli fa eco il capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli che parla di un voto frutto di “una consultazione democratica”. “Le scelte calate dall’alto – rivendica – le lasciamo agli altri partiti”. Ma c’è chi la pensa diversamente. La senatrice, Paola Nugnes, ribadisce che la votazione di Rousseau sul tema “è fuori regolamento”. Una scelta che dal punto di vista elettorale ci costerà caro. Pesante anche il giudizio di Paolo Becchi, ex ideologo del M5S, secondo il quale s’e’ votato in questa maniera “per salvare la leadership di Di Maio”. In queste divisioni si inserisce il commento di Pietro Grasso (LeU) che si dice “sorpreso” che un 41% degli elettori 5S, tanti sono quelli favorevoli al processo, “non abbia rappresentanza in Parlamento”.
Argomento ripreso anche dal candidato Segretario del PD Zingaretti che, intervenuto nella trasmissione di Floris su La7, preme per intercettare proprio quel 41% di delusi pentastellati. Su di loro Zingaretti pone la base per il riscatto del PD: loro potrebbero essere quella parte di voti persi, quei delusi di sinistra che avevano provato l’avventura del M5S. E’ ora di farli tornare a casa sostiene Zingaretti.
All’interno del movimento anche il presidente della Camera Fico sostiene che Salvini avrebbe dovuto farsi processare. Il movimento 5S rischia grosso perché dopo la Sardegna e Bari (Salvini farà incetta di voti), si avvicinano le Europee e proprio quel 41% di contrari provenienti dalla base sono un campanello d’allarme a cui i vertici pentastellati devono guardare con maggiore attenzione, azzardando decisioni anche drastiche, come rivedere la leadership di Luigi Di Maio.