Alta tensione a Bruxelles per le nomine dei Top Jobs

di Emanuela Ricci

L’accordo sui tre top jobs (presidente Commissione, Consiglio e Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza) è praticamente concluso, ma le trattative su tutto il resto proseguono senza sosta. Al centro del dibattito c’è il ruolo cruciale dell’Italia.

Le parole dure pronunciate da Meloni al Parlamento italiano contro l’intesa siglata da Popolari, Socialisti e Liberali hanno lasciato il segno. Non appena l’aereo della presidente del Consiglio è atterrato a Bruxelles, dal vertice del PPE sono arrivate dichiarazioni rassicuranti: nessuno intende fare accordi a scapito dell’Italia. Donald Tusk, primo ministro polacco e mediatore per conto dei Popolari, ha definito le polemiche sul pacchetto di nomine un “malinteso”, ribadendo che non c’è decisione senza Giorgia Meloni e che “non c’è Europa senza Italia“.

Il leader del PPE, Manfred Weber, aveva già anticipato questa posizione su Corsera e Antonio Tajani ha confermato che solo con i voti di Fratelli d’Italia (FdI) si può assicurare il via libera a Ursula von der Leyen per un secondo mandato come presidente della Commissione Europea. Von der Leyen necessita di una maggioranza assoluta di 361 voti al Parlamento Europeo e, attualmente, può contare su circa 400 voti, un margine troppo ridotto, considerati probabili franchi tiratori. I 24 parlamentari di FdI possono dunque essere decisivi per un von der Leyen bis.

Si è iniziato discutendo dell’Ucraina, ascoltando Volodymyr Zelensky, ma l’attenzione è rimasta focalizzata sulla cena dedicata ai top jobs. La premier ha adottato un approccio costruttivo, mantenendo il riserbo sui possibili sviluppi fino all’ultimo momento. Tra le possibilità c’è un portafoglio importante per l’Italia, forse una vicepresidenza esecutiva. In salita il confronto/scontro con la Francia per la delega su concorrenza e politica industriale.

Meloni deve anche tenere conto delle tensioni nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Il rischio è perdere la delegazione più numerosa dopo FdI, i 20 polacchi del PiS. L’ex premier polacco Mateusz Morawiecki ha anticipato che la permanenza del PiS nell’ECR è in bilico. L’uscita dei polacchi indebolirebbe e non poco il potere negoziale della Meloni.

Le tensioni nel gruppo ECR sono alimentate da divergenze sulla strategia da adottare verso von der Leyen. Mentre il premier ceco Petr Fiala è pronto a sostenerla, gli spagnoli di Vox, rappresentati da Hermann Tertsch, mettono in guardia Meloni, paventando un trattamento sfavorevole simile a quello riservato ai polacchi.

La partita appare, pertanto, tutta in salita per l’Italia. Rimarranno ancora validi gli ottimi rapporti tra l’ex presidente della Commissione von der Leyen e il premier Giorgia Meloni? Oppure gli eventi cambiano umori, sentimenti e stima? Boh, vedremo! Sta di fatto che le decisioni delle prossime ore non potranno prescindere dalla volontà popolare espressa nelle urne e dalla valenza di paesi fondatori come l’Italia che, tra l’altro, è anche uno dei maggiori contributori in termini di risorse versate poichè terza economia dell’Unione.

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