Nel Sahel l’Italia guarda al Niger come partner strategico, un Paese stabile e ricco di risorse che offre anche ottime opportunità di investimenti e di proficue partnership tra privati e pubblico, a patto di “arrivare in tempo“. Così l’ambasciatrice dell’Italia a Niamey, Emilia Gatto, presenta il Paese africano alle aziende italiane, in un’intervista all’AGI.
“L’Italia è tra quei Paesi che guardano con interesse al crescere di questo mercato e in generale a quello di tutta l’area saheliana ed è mio forte auspicio accompagnare quanto più possibile le imprese italiane che vorranno avviare affari in questo contesto relativamente ancora incontaminato, ove occorre però arrivare per tempo“, evidenzia l’alta diplomatica italiana.
Occorre pertanto avviare partenariati per favorire lo sviluppo del business al fine di consentire di “rafforzare la struttura economica e lo sviluppo del Niger a tutto beneficio della sua stabilità, che è un interesse strategico primario per l’Europa”.
Punto di partenza del cambio di paradigma nel guardare al Niger e alla regione del Sahel, estesa quanto l’Europa, è stato, come ricorda Gatto “la lungimiranza di colmare la nostra lacuna di presenza, intercettando tempestivamente il crescere dell’attenzione internazionale”.
In effetti, per decenni la narrazione dominante sul mainstream considerava il Niger come un lido remoto, sconosciuto ai più, che faceva parlare di sé essenzialmente per le grandi carestie cicliche. In quel periodo la presenza italiana era limitata alla sola cooperazione allo sviluppo. Da circa 15 anni a questa parte il Sahel ha invece acquisito sempre maggiore importanza come teatro di grandi sfide globali che vedono l’Italia e diversi Paesi europei – a cominciare dall’ex potenza coloniale francese – impegnati in prima linea essenzialmente sui fronti della sicurezza, delle migrazioni e dello sviluppo.
“È infatti un cuscinetto di terra tra i Paesi che si affacciano sulla sponda Sud del Mediterraneo e i Paesi del Golfo di Guinea, dai quali provengono molti migranti diretti verso l’Europa, caratteristiche che rendono la Regione molto più vicina all’Europa e all’Italia di quanto sembri”, sottolinea la diplomatica mettendo in risalto la posizione strategica del Niger.
Oltre a queste caratteristiche di centralità geografica Roma ha valutato come elemento determinante la stabilità politica del Niger, guidato da una dirigenza eletta democraticamente, una quasi eccezione nella regione come dimostrato dai recenti colpi di stato militare in Burkina Faso e quelli del 2020-2021 in Mali. L’intensificarsi delle relazioni bilaterali tra l’Italia e il Niger ha portato all’inaugurazione di un’ambasciata a Niamey nel 2017 e da allora la cooperazione si è rapidamente e fruttuosamente rafforzata e sviluppata, aprendosi anche ai settori politico e militare.
Le sfide non mancano e per affrontarle il Niger guarda ormai all’Italia come un “partner di riferimento”, soprattutto nella gestione delle migrazioni, nella lotta all’avanzamento del terrorismo di matrice jihadista, nel contenimento delle sfide ambientali e nello sviluppo.
“Con il nostro approccio empatico, senza agende nascoste, possiamo contare anche qui, come in molte altre parti del mondo, su un indiscusso capitale di simpatia presso le popolazioni e la dirigenza nigerine” riferisce ancora la diplomatica italiana.
Se il presidente Mohamed Bazoum è una figura di riconosciuto livello e il suo governo è formato da una compagine coesa e determinata, “il Paese necessita decisamente del sostegno della comunità internazionale” per rafforzare i progressi conseguiti finora in più ambiti, ha detto la diplomatica. Sicuramente sul Niger si allunga l’ombra dell’insicurezza e della minaccia terroristica di matrice jihadista, mentre le regioni della capitale Niamey, di Agadez (Centro) e Zinder (Est) sono da considerare aree di minor pericolo. Tutto il territorio nazionale, invece, è contornato da zone altamente instabili, motivo per cui le autorità italiane sconsigliano di recarsi in Niger, tranne che per motivi di necessità o di lavoro.
“Le principali minacce sono localizzate ai confini Sud-Ovest e Sud-Est del Paese, rispettivamente nella zona delle tre frontiere con Mali e Burkina Faso, teatro spesso di incursioni di gruppi armati non statali di matrice jihadista, e nella zona del lago Ciad, ove operano organizzazioni terroristiche come Boko Haram”, ha aggiunto.
Altra preoccupazione prioritaria per l’Italia e l’Europa è la gestione dei traffici illeciti e delle migrazioni irregolari, uno dei punti fondanti della cooperazione italo-nigerina. Proprio per la sua posizione centrale, il Niger è un naturale crocevia, ove passano flussi di tutti i generi, anche tramite il confine aperto a Nord con la Libia.
“Stiamo investendo molto, con un approccio strategico che si sviluppa su due direttrici: da una parte tramite una collaborazione rafforzata con le autorità locali, dall’altra in partenariato con le agenzie delle Nazioni Unite che si occupano dei flussi migratori, come OIM e UNHCR” precisa Gatto. Un altro versante dell’intervento italiano in merito a queste sfide riguarda una maggiore attenzione allo sviluppo delle popolazioni che vivono lungo le rotte migratorie, con l’obiettivo di promuovere la creazione di economie di sostituzione alternative sia a quelle informali createsi attorno alle migrazioni illegali, sia a quelle criminali dei traffici e delle guerre mercenarie.
“Ovviamente non è facile cambiare radicalmente nel volgere di mesi gli indicatori di un fenomeno complesso come quello delle migrazioni, ma dei progressi si sono registrati, in termini sia di contenimento dei flussi e di stabilizzazione delle popolazioni in transito e di accoglienza, che di crescita dell’attenzione e della collaborazione da parte delle autorità locali”, commenta l’ambasciatrice.
Nel contempo rimane molto forte l’impegno dell’Italia nella cooperazione allo sviluppo del Niger, con una dotazione annua di 50 milioni di euro, indirizzati principalmente nei settori umanitario e delle emergenze, dell’assistenza, delle migrazioni, dello sviluppo agricolo e di recente anche nei settori della sanità e dell’educazione.
Accanto alla cooperazione tradizionale, è in una fase di crescita quella militare con la Missione bilaterale di supporto alla Repubblica del Niger (MISIN), comandata dal colonnello dell’aeronautica militare, Davide Cipelletti.
La missione prevede uno sviluppo progressivo con un impiego medio annuale fino a un massimo di 295 militari, 160 mezzi terrestri e 5 mezzi aerei. Il suo mandato consiste nel supportare lo sviluppo delle Forze di sicurezza nigerine per l’incremento di capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza e nel concorrere alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger. La MISIN rientra nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacita’ di controllo del territorio delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Niger, Mali, Mauritania, Chad e Burkina Faso). Il versante della cooperazione militare ha anche risvolti positivi sul piano civile.
“La MISIN ha instaurato con le autorità e la comunità locale un saldo legame, attraverso il quale il personale militare italiano è impegnato ad affrontare anche le sfide sulla salute del popolo nigerino”, spiega l’Ambasciatrice Gatto. Di recente nel contesto della collaborazione civile-militare l’Italia ha donato apparecchiature mediche alla maternità di Niamey, confrontata a livello nazionale con il più alto tasso di natalità al mondo”.
Secondo lo Human Development Report, il 44,5% della popolazione del Niger è povera e il Paese si colloca all’ultimo posto della classifica mondiale per indice di sviluppo umano. Dati sintomatici della grande difficoltà ad uscire dal sottosviluppo nonostante le ingenti dotazioni di risorse e la grande attenzione della comunità internazionale. Ad aver frenato lo sviluppo socio-economico del Niger sono state diverse concause costanti nel corso degli ultimi decenni, ovvero “una miscela di insicurezza, posizione geografica senza accesso al mare, condizioni climatiche estreme, desertificazione, enorme estensione territoriale, composizione per etnie assai diverse della popolazione e fortissima pressione demografica“.
Il Niger quindi non fa eccezione al grande “paradosso africano”, dal quale, però, un numero sempre maggiore di Paesi si stanno emancipando grazie ad una crescita sostenuta in grado di generare più benessere alle popolazioni. Per consentire al Niger di imboccare la strada dello sviluppo, la sua classe dirigente sta cercando di spostare l’attenzione dei donatori dalla cooperazione esclusivamente umanitaria e assistenziale a quella che comprenda anche un’ottica economica, mediante lo stabilimento di partenariati pubblico-privati per il commercio, vero volano di sviluppo. In questa prospettiva il governo ha operato modifiche importanti alla regolamentazione dello sfruttamento del ricco sottosuolo.
Il Niger è il quarto produttore di uranio al mondo e il sesto per riserve, oltre a possedere miniere d’oro, di cobalto alle quali si sono aggiunti recenti ritrovamenti significativi di giacimenti di petrolio. Oltre alla tradizionale presenza della Francia, il Paese ha aperto le porte ad aziende della Cina, della Turchia e di altre nazioni europee.