(di Antonio Belsito) Il decreto fiscale recentemente approvato ha previsto per tutte le libere professioni il diritto ad un compenso minimo vietando la possibilità di scendere al di sotto dell’importo riconosciuto dalla legge.
Tale disposizione si è resa necessaria per attuare il principio costituzionalmente garantito dall’art. 36 che stabilisce la necessità di ottenere un compenso proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Il diritto all’equo compenso per i professionisti spetta certamente quando ad esempio l’attività professionale è stata richiesta da una Banca, da una Compagnia di Assicurazioni, e da altre grandi aziende nonché dalla Pubblica Amministrazione per gli incarichi conferiti dall’entrata in vigore della legge.
Di conseguenza le convenzioni sottoscritte dai professionisti dovranno rispettare le regole relative al compenso proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato secondo il dettato costituzionale dell’art. 36.
In particolare, per gli avvocati saranno indicati dei parametri offerti da parte del Ministero della Giustizia.
Tra le clausole vessatorie non più consentite ai fini della tutela dell’equo compenso è vietata la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto.
Le tutele offerte ai professionisti valgono sia per quelli iscritti ad uno specifico Ordine sia a quelli non iscritti.
Faranno così fede i parametri indicati dai Tribunali almeno per i professionisti iscritti agli Ordini.
Mentre per gli altri lavoratori autonomi bisognerà predisporre specifiche disposizioni a tutela dell’equo compenso.
Le Pubbliche Amministrazioni dovranno garantire l’applicazione dell’equo compenso in favore dei professionisti incaricati di espletare attività.
E’ interessante la previsione in questa normativa del divieto di inserire nei singoli contratti le cosiddette clausole vessatorie.
In caso di contenzioso, sarà però il Giudice a dover intervenire per stabilire se il compenso risulti equo.
Qualora il Giudice dovesse accertare l’iniquità della remunerazione minima condannerà la parte committente a versare quanto effettivamente dovuto per la prestazione espletata.
In buona sostanza l’equo compenso non agisce in via “automatica” ma in caso di contestazione bisognerà far ricorso al Magistrato per chiedere l’accertamento di quanto effettivamente dovuto in relazione alla qualità e quantità del lavoro dovuto.
Ai fini dell’equo compenso, infine, non sussiste alcuna distinzione tra professionisti iscritti ad Ordini o ad Albi e le altre semplici partite IVA.
Foto: blog.unioneprofessionisti.com