Una domanda fra tutte dopo gli attacchi con droni e missili ai pozzi petroliferi dell’Arabia Saudita il 14 settembre scorso. Ci sarà una escalation tra il regno saudita e l’Iran? Riyadh ha direttamente accusato la Repubblica islamica di aver ordinato gli attacchi. Ma la speculazione su una possibile guerra è sconcertante, sostiene Nesrine #Malik in un articolo ben argomentato pubblicato domenica scorsa sul quotidiano britannico The Guardian. L’Arabia Saudita non “va in guerra”, afferma la giornalista, paga gli altri per farlo per suo conto.
La guerra nello Yemen è un esempio perfetto, sostiene Malik. Anche se la monarchia saudita sta guidando il coinvolgimento militare straniero in quella guerra, l’Arabia Saudita non fornisce truppe di terra. Ci sono solo comandanti sauditi che gestiscono gruppi di mercenari provenienti da Marocco, Giordania ed Egitto. Una grande parte della forza a guida saudita è composta da bambini soldato sudanesi, le cui famiglie sono pagate profumatamente per rifornire la forza del regno petrolifero nello Yemen con quella che Malik definisce “carne da cannone”. I comandanti sauditi comunicano i loro ordini di battaglia alle truppe assunte tramite telefoni satellitari e usano droni senza pilota e aerei volanti per attaccare i ribelli sciiti prevalentemente Houthi. Ciò spiega in gran parte l’alto tributo civile in quella guerra.
Nel frattempo, il governo degli Stati Uniti ha annunciato che invierà centinaia di truppe nel regno saudita e rafforzerà i suoi sistemi di difesa aerea. Ma la giornalista del The Guardian Malik si chiede perché l’Arabia Saudita, che è il più grande importatore di armi del mondo dal 2014, e i cui acquisti di armi del 2018 hanno rappresentato lo scorso anno il 12 per cento della spesa mondiale per la difesa, richieda la presenza di truppe americane sul suo territorio per la sua protezione.
La risposta è semplice, afferma Malik: il regime saudita acquista armi, non per usarle, ma per rendere le industrie di difesa occidentali dipendenti dal suo potere d’acquisto. In altre parole, la monarchia saudita acquista armi occidentali per motivi politici. Questi acquisti gli consentono di una sorta di immunità per le numerose violazioni dei diritti umani denunciate e per i rapimenti e omicidi perpetrati all’estero – caso khashoggi su tutti.
Nel frattempo, dice Malik, se l’Arabia Saudita entrerà in guerra contro l’Iran, lo farà come sempre: assumerà delegati – tra cui gli Stati Uniti – per combattere per suo conto.