Sembra una notizia venuta fuori dai cartoni animati sul calcio che andavano in onda negli anni 80/90 ed invece trattasi di pura realtà. Una realtà che indubbiamente strappa un sorriso, ma che vedrebbe coinvolta una squadra di Primera C, la quarta divisione argentina, il Dock Sud infatti, i cui metodi di allenamento, perlomeno quelli dedicati ai portieri, appaiono alquanto bizzarri.
Il Sudamerica si sa, è la terra degli eccessi, ed il calcio non fa eccezione. Di solito è il mondo dei tifosi quello che fa parlare di sé, e mentre per esempio nel “vecchio continente” Italia compresa, le frange estreme del tifo si fronteggiano spesso e volentieri in battaglie fatte per lo più di scazzottate, sprangate o lancio di oggetti, in Sudamerica non è raro che tra i contendenti si verifichino addirittura sparatorie. Fortunatamente non è questo il caso, ed il motivo di cronaca in questione vede interessato il campo e l’attività agonistica. Più nel dettaglio riguarda gli allenamenti dei calciatori, in particolar modo quello dei portieri.
Appesi a testa in giù, posizionati dietro barriere di fuoco, costretti a tuffarsi in vere e proprie pozze di acqua e fango e tante altre prove fisiche estreme, senza dubbio più adatte all’addestramento di soldati dei corpi militari speciali piuttosto che di giocatori di calcio.
Questo è quanto avveniva nel Club Sportivo Dock Sud, compagine fondata nel lontano 1916 che ha come sede la città di Dock Sud, nel distretto di Avellaneda, appartenente alla provincia di Buenos Aires. L’allenatore dei portieri Diego Svery utilizzava metodi da istruttore dei marines, che resi recentemente pubblici, hanno messo in serio imbarazzo El Chapa, che si è immediatamente preso tutte le responsabilità, scagionando il club che sarebbe stato all’oscuro della bizzarra metodologia di allenamento adottata. “Sacrificio, volontà, passione sono le chiavi”, questo quanto pubblicato dall’allenatore nelle sue pagine social, ma probabilmente deve essere eccessivamente oltre.
Ragazzi che devono allenarsi nel fango, respingere palloni rimbalzati sui copertoni e, peggio, appesi a testa in giù o attraverso cortine di fuoco. Insomma, un allenamento da incursori, più che da portieri. Le critiche sono state comprensibilmente pesanti. “Mi rendo conto che tutto ciò che è stato pubblicato è mia intera responsabilità, dato che il club non mi ha dato l’autorizzazione per realizzare queste pratiche e inoltre sono state effettuate al di fuori dell’istituzione, due anni fa (2016). Mi scuso con la commissione direttiva Dal Club Sportivo Dock Sud, con i coordinatori e con i compagni se vi provocato qualche danno. Non ho mai avuto intenzione di fare del male a nessuno, tantomeno ai ragazzi. Direi che sono un appassionato di calcio e prendo esempio dagli allenamenti dei portieri dall’estero e mi pento di nuovo se ho danneggiato qualcuno, perché non è mai stata mia intenzione. Spero che mi sappiano capire”.
Foto: Today Sport