di Antonio Adriano Giancane
Il Bangladesh è scosso da una crisi senza precedenti, con violente proteste antigovernative che stanno causando un numero crescente di vittime e seminando il caos in tutto il Paese. Le manifestazioni, inizialmente innescate dalla richiesta di dimissioni della Prima Ministra Sheikh Hasina, hanno rapidamente degenerato, portando a scontri cruenti tra i manifestanti e le forze di sicurezza. Secondo le ultime stime, oltre 600 persone sono morte, tra cui molti bambini, con la violenza che ha raggiunto l’apice nei primi giorni di agosto. In diverse città, tra cui la capitale Dhaka, i manifestanti hanno preso d’assalto edifici governativi, incontrando una risposta brutale da parte delle autorità, che hanno impiegato mezzi letali per disperdere la folla.
Le tensioni si sono intensificate a causa di lamentele che covavano da tempo, come l’insoddisfazione per il sistema di quote di lavoro governative, e sono state ulteriormente aggravate dalla controversa rielezione di Hasina all’inizio dell’anno. In risposta, il governo ha imposto un coprifuoco, limitato l’accesso a internet e dispiegato l’esercito per reprimere le proteste. Tuttavia, nonostante queste misure draconiane, gli episodi di violenza continuano, con incendi dolosi, vandalismi e interruzioni delle attività quotidiane che stanno paralizzando l’intero paese.
La situazione è degenerata al punto che la Premier Hasina ha lasciato il Paese, aprendo la strada alla formazione di un governo provvisorio incaricato di ripristinare l’ordine e affrontare le cause profonde dei disordini. Tuttavia, il suo esilio non ha placato la rabbia della popolazione: gli edifici della Lega Awami, il partito di Hasina, sono stati saccheggiati, e la minoranza indù è diventata bersaglio di attacchi.
L’esercito, tradizionalmente un pilastro della stabilità politica in Bangladesh, ha finora sostenuto Hasina, nonostante le crescenti critiche per il suo stile di governo autoritario. Il Generale Zaman, comandante delle forze armate, ha cercato di rassicurare la nazione dichiarando che “le forze armate sono sempre state al fianco del popolo“. Nel frattempo, il Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, pioniere del microcredito, è stato incaricato di guidare il Paese verso nuove elezioni, ma il compito che lo attende è titanico.
La sfida principale per il Bangladesh resta quella di costruire istituzioni democratiche solide che possano resistere alle pressioni interne ed esterne, garantendo una governance stabile e inclusiva.
Auspicabile quindi ripristinare prima possibile la fiducia nelle istituzioni, fattore necessario per avviare la ripresa del Paese, così come tenere sotto controllo gli islamisti radicali che potrebbero approfittare del vuoto di potere. Il Bangladesh, una nazione chiave nell’economia globale, affronta ora un futuro incerto, con l’intera comunità internazionale preoccupata per la possibilità di disordini prolungati e le implicazioni regionali e globali di questa crisi.
UNA STORIA SEGNATA DA COLPI DI STATO
Il Bangladesh, nazione nata dalla lotta per l’indipendenza dal Pakistan nel 1971, ha vissuto una storia complessa e turbolenta, caratterizzata da numerosi colpi di stato e tentativi di rovesciamento del governo. Questi eventi hanno profondamente influenzato la politica e la società del paese, lasciando cicatrici ancora visibili.
Uno degli episodi più drammatici nella storia del Bangladesh si verificò il 15 agosto 1975, quando Sheikh Mujibur Rahman, il fondatore della nazione e suo primo presidente, fu brutalmente assassinato insieme alla maggior parte della sua famiglia. Questo tragico evento non solo scosse il paese, ma aprì un periodo di grande instabilità. L’assassinio di Mujib fu orchestrato da un gruppo di ufficiali dell’esercito, insoddisfatti delle politiche del governo e desiderosi di prendere il potere. Questo colpo di stato segnò l’inizio di una serie di cambiamenti di governo attraverso la forza militare, che continuarono per diversi anni.
Dopo il colpo del 1975, il potere passò più volte di mano tra leader militari e civili, con una serie di governi instabili. Nel 1982, il generale Hussain Muhammad Ershad salì al potere attraverso un altro colpo di stato, instaurando un regime militare che durò fino al 1990. Durante il suo governo, Ershad affrontò crescenti proteste popolari, che alla fine lo costrinsero a dimettersi. Questo periodo di dittatura militare mise in evidenza la difficile convivenza tra potere militare e civile in Bangladesh, un equilibrio precario che avrebbe continuato a segnare la politica del paese.
Negli ultimi decenni, il Bangladesh ha compiuto progressi significativi verso la stabilità politica, con un apparente rafforzamento delle istituzioni democratiche. Tuttavia, le ferite lasciate dai colpi di stato del passato continuano a influenzare il contesto politico e sociale del paese. Il ruolo delle forze armate, che hanno alternato momenti di intervento diretto nella politica a periodi di subordinazione al potere civile, rimane un elemento chiave nelle dinamiche di potere in Bangladesh.
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