(di Andrea Pinto) Joe Biden ha rassicurato Israele: “Washington ha “una lunga strada da percorrere” prima di rientrare nell’accordo del 2015 per fermare le ambizioni nucleari dell’Iran”. Saltando ogni regola protocollare Biden ha incontrato il direttore del Mossad Yossi Cohen venerdì scorso. Cohen insieme ad una delegazione di Tel Aviv era in America per discutere di questioni di sicurezza bilaterali con alti funzionari dell’amministrazione Biden, il Segretario di Stato Anthony Blinken e Brett McGurk, che è il coordinatore del Consiglio di sicurezza nazionale per il Medio Oriente e il Nord Africa.
Il giorno seguente, il capo del Mossad ha visitato la Casa Bianca per trattare “questioni di sicurezza regionale” con il consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, e il direttore della Central Intelligence Agency William Burns. Durante quell’incontro, secondo quanto riportato dalla televisione israeliana Channel 12, il presidente degli Stati Uniti è intervenuto inaspettatamente evitando i rigidi protocolli del cerimoniale (E’ inusuale che un presidente incontri un funzionario di un paese terzo che non sia primo ministro o paritetico) Il pretesto è stato quello di esprimere le condoglianze della sua amministrazione per i morti durante la funzione religiosa in Israele. La comparsa inaspettata di Biden è stata anche confermata da un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale.
Durante il fine settimana i giornali israeliani e il sito web Usa Axios, tuttavia, hanno poi raccontato che l’incontro tra Biden e il capo del Mossad era organizzato perchè il presidente Usa voleva “trattare il dossier Iran”. Secondo indiscrezioni i due si sarebbero intrattenuti per circa un’ora. Cohen ha rappresentato al presidente americano il disappunto di Israele ad un ritorno all’accordo sul nucleare con l’Iran prima di apportarvi dei miglioramenti in senso più restrittivo. Biden naturalmente, come si conviene in questi casi, ha solo ascoltato dicendo al termine dell’incontro che la sua amministrazione non era ancora pronta a rientrare nell’accordo e che comunque Washington avrebbe consultato prima Israele sulla questione.
I TIMORI DI TEL AVIV
Lo scorso fine settimana vi è stato il terzo giorno di negoziati a Vienna tra Usa e Iran, obiettivo il ritorno all’accordo sul nucleare, Jcpoa. Una svolta che, come visto, non piace ad Israele da sempre minacciata dall’Iran di essere rasa al suolo con la bomba atomica. Il timore non è solo l’addolcimento delle sanzioni verso l’Iran ma anche l’avvicinamento del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman con Teheran. Il portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica Islamica, Saeed Khatibzadeh ha così salutato il nuovo corso: “Due importanti Paesi della regione e del mondo islamico potrebbero aprire un nuovo capitolo di impegno e cooperazione attraverso un dialogo costruttivo per raggiungere pace, stabilità e sviluppo nella regione superando le dispute“.
Israele è molto preoccupata perchè gli incontri di Vienna stanno producendo risultati inaspettati. A quanto pare già il 18 giugno prossimo potrebbero essere ritirate alcune sanzioni economiche a favore della Repubblica islamica.
La soddisfazione dei progressi nei negoziati anche in un tweet del ministro degli esteri iraniano Zarif: “segnali positivi all’orizzonte”. Zarif di recente è stato anche nel Golfo per una serie di incontri di alto livello. Un tour che non è piaciuto all’ultra conservatore leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei. In effetti all’interno della Repubblica Islamica la competizione tra gli occidentalisti del governo e i conservatori che fanno capo alla guida spirituale è molto forte e non è detto che il castello messo in piedi a Vienna e nel Golfo possa cadere da un momento all’altro, minato dai potentissimi israeliani e dall’ala religiosa di Teheran che vuole conservare lo status-quo. Non è un caso che Biden abbia voluto incontrare la controparte israeliana prima di scendere ancora più nei dettagli dei colloqui di Vienna.