Antony Blinken, il capo della diplomazia americana, è giunto in Italia quale ultima tappa del suo tour europeo. Oggi è prevista, per la prima volta in Italia, la riunione ministeriale plenaria sulla Coalizione anti-Daesh, sarà co-presieduta da Di Maio e Blinken. Si parlerà anche di Siria e degli aiuti umanitari da destinare al Paese alle prese con una lunga guerra civile. Blinken si recherà poi presso lo Stato Vaticano per un incontro con Papa Francesco dove discuterà sull’impegno comune per le libertà di credo e di religione e per affrontare la crisi climatica. Oggi si recherà anche al Quirinale e a Palazzo Chigi per incontrare il Presidente Mattarella e il premier Draghi. Domani il capo del dipartimento di stato Usa, andrà a Matera per partecipare alla ministeriale Esteri del G20, in un formato allargato che riflette i temi in agenda, dall’impegno a favore del multilateralismo alla lotta alla pandemia di Covid, fino alla crisi climatica.
“Felice di essere in Italia per sottolineare l’importanza dell’unita’ transatlantica e del forte rapporto Usa-Italia“, ha twittato Blinken, appena arrivato a Roma. Sempre via tweet ha scritto: “Contento di aver incontrato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Siamo impegnati a cooperare con l’Italia sulle priorita’ del G20 e su una serie di urgenti questioni di sicurezza e stabilizzazione internazionali”. Blinken ha anche colto l’occasione per incontrare a Roma il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, con cui ha parlato tra l’altro del dossier iraniano e del negoziato in corso per rilanciare l’accordo internazionale sul nucleare. Lapid ha espresso serie riserve sull’intesa firmata a Vienna ma ha assicurato un approccio piu’ collaborativo con Washington, riconoscendo che “negli scorsi anni sono stati fatti errori, li aggiusteremo insieme“.
I colloqui di Vienna. Il quinto round dei colloqui a Vienna si è svolto dopo che, il 24 maggio scorso, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e l’Iran hanno prorogato di un mese, fino a fine giugno, l’accordo per monitorare le attività nucleari di Teheran, che consente all’AIEA di raccogliere e analizzare le immagini riprese da una serie di telecamere di sorveglianza collocate presso i siti di attività nucleare in Iran. Ulyanov ha definito tale intesa “lodevole”, in quanto la proroga potrebbe facilitare il rilancio del JCPOA e la creazione di un’atmosfera professionale nel corso dei colloqui di Vienna.
I colloqui di Vienna vedono la partecipazione di una “Commissione mista”, composta da delegati provenienti da Iran, Cina, Russia, Germania, Francia e Regno Unito. Anche una delegazione degli USA, guidata dall’inviato speciale statunitense in Iran, Robert Malley, si è recata a Vienna sin da aprile, ma non ha preso parte all’incontro con gli altri Paesi, in quanto Teheran si è rifiutata di negoziare in modo diretto con Washington fino a una completa rimozione delle sanzioni. Nel corso degli incontri sono state formate tre commissioni di lavoro distinte, volte a determinare le sanzioni statunitensi da revocare, gli obblighi nucleari a cui l’Iran dovrà adempiere e a coordinare le mosse di ciascuna parte.
Joint Comprehensive Plan of Action. E’ stato firmato durante l’amministrazione di Barack Obama, il 14 luglio 2015, a Vienna, da parte di Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea. Esso prevede la sospensione di tutte le sanzioni nucleari imposte precedentemente contro l’Iran dall’Unione Europea, dall’Onu e dagli USA, in cambio della limitazione delle attività nucleari da parte di Teheran e ispezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica presso gli impianti iraniani. L’8 maggio 2018, durante la presidenza di Donald Trump, Washington si è ritirata unilateralmente dall’accordo, imponendo nuove sanzioni contro Teheran che hanno, da un lato, aggravato le condizioni economiche del Paese mediorientale, e, dall’altro lato, acuito le tensioni tra Iran e Stati Uniti. Il presidente degli Stati Uniti, Biden, sembra essere disposto a rilanciare l’accordo, ma, nel corso degli ultimi mesi, ha più volte ribadito come sia necessario dapprima che l’Iran rispetti il patto del 2015 per riprendere gli sforzi diplomatici.