Caos Beirut, la polizia tra la furia dei manifestanti e i  fucili di Hezbollah pronti a sparare

Il presidente libanese Michel Aoun ha respinto le richieste di un’inchiesta internazionale sull’esplosione che ha dilaniato Beirut uccidendo più di 150 persone con oltre 5000 feriti. La protesta della popolazione contro un governo ritenuto incompetente, cresce di ora in ora. La manifestazione di ieri ha causato morti e feriti, la popolazione inneggia alla rivoluzione, mentre il premier Hassan Diab promette di indire nuove elezioni. La polizia e l’esercito riescono per tempo a bloccare gruppi di Hezbollah pronti a sparare sulla folla mentre era diretta a prendere il Parlamento, dopo aver devastato i ministeri degli Esteri ed Economia.

Le richieste di un’indagine internazionale mirano a “distorcere la verità” e rallentare le indagini, ha detto in un discorso Michel Aoun, il mio gabinetto ha già avviato un’indagine sull’esplosione di martedì scorso. Nonostante le parole di Aoun, alcuni politici libanesi, organizzazioni per i diritti civili, gruppi internazionali per i diritti umani e il presidente francese Emmanuel Macron, che era giovedì a Beirut, hanno chiesto un’inchiesta internazionale trasparente sulla catastrofe. 

I funzionari libanesi ritengono che l’esplosione sia stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, sostanza che può essere utilizzata sia per i fertilizzanti che per costruire bombe. L’enorme quantità di materiale è stato conservato per almeno sei anni in un magazzino nel porto di Beirut.  Era stato confiscato da una nave moldava la Roshus nel 2014 (era diretta in Mozambico), bloccata nel porto perchè non in grado di pagare le tasse aeroportuali per via della bancarotta della società proprietaria.  

Aoun ha detto che l’indagine interna – guidata dalla magistratura e condotta  dai militari –  non ha ancora identificato la causa dell’esplosione, aggiungendo che si stanno esaminando tutte le piste anche quelle di possibili “interferenze esterne”. Aoun ha anche precisato che è  al vaglio anche l’utilizzo di un missile, una bomba o qualsiasi altro tipo di azione in grado di attivare la detonazione. PRP Channel ha scritto al riguardo il probabile coinvolgimento di piccoli droni, documentati dai video sottostanti. Certo è che occorrerebbe stabilire se sono il frutto di abili fotomontaggi.

 

Il presidente libanese ha anche chiesto a Macron di fornire le foto satellitari dell’esplosione. Se non le hanno, chiederemo ad altri paesi le immagini per cercare di  determinare se l’attacco è stato causato dall’esterno o dall’incendio. Nel frattempo Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, il partito politico islamista sciita, inserito  dagli Usa nell’elenco dei gruppi terroristici, ha negato le notizie che parlavano di attrezzature o materiali militari nascosti nel porto. Esperti di esplosivi hanno detto che il fumo che sprigiona il nitrato di ammonio è di colore giallo e non bianco, fumo tipico di armi e munizionamenti militari. Alcune fonti di intelligence “open source”  sostengono che Hezbollah abbia installato batterie missilistiche tra i palazzi civili di Beirut puntati verso Israele.

Per ora la  maggior parte delle prove fanno pensare che la catastrofe sia stata causata dalla negligenza delle autorità portuali che sono state già arrestate, anche se il direttore del porto avesse più volte avvisato il governo, tramite e-mail documentate, della pericolosità del materiale conservato presso l’hub 12 e della necessità di effettuare quanto prima una bonifica.

A sollevare i primi sospetti sull’utilizzo di una bomba è stato la settimana scorsa  il presidente americano Donald Trump dopo aver ricevuto alcuni dettagli dai suoi generali. Il giorno dopo, Mark Esper, il suo segretario alla difesa ha contraddetto il presidente, dicendo che le cause dell’esplosione sono da ricercare in un incidente. 

Anche Israele, che ha combattuto una guerra con Hezbollah nel 2006 ha negato qualsiasi coinvolgimento, offrendo sostegno e aiuti al Libano. 

Il Libano è alle prese con una severa crisi economica acuita dalla pandemia da CoViD-19, il 50 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Il porto di Beirut, oggi inutilizzabile, contribuisce al 65 per cento dell’economia del Paese, 5 ospedali della capitale libanese sono stati distrutti dall’esplosione rendendo così difficile la cura degli oltre 5000 feriti e l’assistenza sanitaria ai nuovi contagiati da coronavirus che negli ultimi giorni stanno aumentando a ritmi preoccupanti.

Nel frattempo si registrano feroci scontri  a Beirut.  La folla occupa due ministeri inneggiando alla rivoluzione scagliandosi contro il leader di Hezbollah e il presidente Aoun. Al governo si parla già di voto anticipato, un modo per cercare di calmare gli animi della popolazione.

Per il Libano scrive Cremonesi sul Corriere della Sera si apre un periodo di grave incertezza, che potrebbe portare alla reazione armata delle milizie sciite e a eventuali bagni di sangue. «Non abbiamo più nulla da perdere. Rivoluzione, impicchiamo questi politici corrotti. Rivoluzione, buttiamo giù tutto», inneggiano in decine di migliaia cercando di coprirsi naso e bocca dalla pioggia di lacrimogeni sparati da esercito e polizia.

Alla fine della giornata il bilancio della Croce rossa libanese sarà di 240 feriti tra i dimostranti, mentre i media libanesi danno notizia di un poliziotto morto negli scontri. Con il sole che tramonta dopo le diciassette i rivoltosi riescono ad irrompere nell’edificio del ministero degli Esteri, guidati da alcune decine di ex militari che da mesi chiedevano l’aumento delle pensioni.

Sotto accusa anche Hassan Nasrallah  massimo esponente politico dell’Hezbollah. La gente per strada lancia un chiaro segnale: “E’ stufa della sottomissione all’Iran tramite Hezbollah: “vogliamo tornare ad essere uno Stato indipendente”.

Nelle prime ore della sera il premier Hassan Diab via  radio  promette un’inchiesta indipendente sulle cause dell’esplosione e si spinge a garantire libere elezioni entro due mesi. La popolazione: “Troppo tardi! Vi impiccheremo tutti, dimettetevi”. A seguire la presa del ministero  dell’Economia delle sedi delle istituzioni bancarie più prestigiose e quelle del ministero dell’Ambiente.

Poi diretti verso il parlamento, ma lo sbarramento delle forze di polizia è imponente. Per fortuna l’esercito riesce a bloccare per tempo  miliziani di Hezbollah pronti a sparare sulla folla.

 

Caos Beirut, la polizia tra la furia dei manifestanti e i fucili di Hezbollah pronti a sparare

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