Dalle zone più remote del Perù si sono dati appuntamento nella capitale Lima per protestare contro il governo insediatosi da sei settimane, guidato dal presidente Dina Boluarte.
“La nostra gente soffre nella povertà“, continuano ad urlare i dimostranti. “Possono chiamarci terroristi, ma non lo siamo. Siamo gente che vuole giustizia. Rimarremo qui fino alle dimissioni di Boluarte”.
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La scorsa settimana, 11.000 agenti di polizia sono stati dispiegati per cercare di arginare le proteste che montavano in tutto il Paese. Nella notte di giovedì scorso i manifestanti hanno iniziato a lanciare sassi e ad erigere barricate con le macerie. La polizia ha lanciato gas lacrimogeni mentre un edificio nel centro storico della città ha preso fuoco.
Cinque presidenti in due anni
Il Perù ha avuto cinque presidenti in poco più di due anni. Boluarte è in carica da appena sei settimane, ma i manifestanti stanno già chiedendo la sua rimozione e nuove elezioni. Una nuova crisi colpisce il Paese, secondo produttore mondiale di rame. Boluarte ha prestato giuramento come presidente il 7 dicembre scorso, poche ore dopo che il suo predecessore, l’esponente di sinistra Pedro Castillo, è stato estromesso e successivamente arrestato per aver tentato di chiudere il Congresso e governare con un decreto prima della votazione che lo avrbbe accusato di impeachment. Boluarte è un avvocato, vicepresidente di Castillo. I sostenitori di Castillo, in particolare nel sud ricco di minerali ma impoverito, sono scesi in piazza chiedendo che Boluarte si dimettesse.
Più di 53 persone sono state uccise durante i disordini e ci sono state segnalazioni dell’utilizzo di munizioni vere da parte delle forze di sicurezza. Diciassette manifestanti e un agente di polizia sono stati uccisi in un solo giorno nella città meridionale di Juliaca la scorsa settimana.
Castillo ha dovuto affrontare molteplici indagini per corruzione ed ha superato due tentativi di impeachment mentre era in carica. Tuttavia gode ancora del sostegno, in molte delle aree rurali del Paese.
Boluarte ha chiesto al Congresso di anticipare le elezioni del 2026 al prossimo aprile per portare il vincitore in carica a luglio. Il prossimo mese il Congresso voterà sulla misura emergenziale proposta dal presidente Boluarte.
Il Congresso è l’Istituzione meno rispettata del paese, con un indice di gradimento pari al 12 per cento, secondo l’Istituto di studi peruviani. Il tasso di disapprovazione di Boluarte è di circa il 71%, simile a Castillo prima che fosse rimosso dall’incarico. Boluarte, giovedì scorso in tv, ha promesso di reprimere i “vandali” che “vogliono infrangere lo stato di diritto”.
I manifestanti contestano la democrazia
Alla base delle proteste c’è l’insoddisfazione per la postura assunta dal Perù da quando il Paese è passato alla democrazia nel 2000, dopo un decennio di autocrazia.
Spinto dalle esportazioni minerarie, il prodotto interno lordo del Perù è raddoppiato tra il 2001 e il 2014. La povertà è però rimasta nelle campagne mentre la ricchezza si è concentrata solo nelle più grandi città, dove la corruzione e il malaffare sono diventati endemici.
Una nuova Costituzione
Oltre alle richieste di dimissioni di Boluarte e di elezioni immediate, alcuni gruppi di manifestanti chiedono una nuova Costituzione per sostituire quella scritta durante la dittatura di Alberto Fujimori nel 1993. La Costituzione vigente prevede un Congresso unicamerale e concede pieni poteri alla presidenza per mettere sotto scacco i legislatori, a seguito di voto di sfiducia.
Alcuni manifestanti hanno persino chiesto il rilascio e la reintegrazione di Castillo. Uno dei principali sindacati dei lavoratori, che sostiene le manifestazioni, ha affermato che per febbraio sarà indetto un secondo sciopero nazionale.
Blocco totale del Paese
Altrove, i manifestanti hanno bloccato più di 100 autostrade e interrotto l’estrazione del rame. Venerdì la miniera Antapaccay di Glencore ha sospeso le operazioni a causa di un attacco dei manifestanti, mentre sono stati colpiti anche i trasporti dalla miniera di Las Sambas, di proprietà del gruppo cinese MMG.
I voli negli aeroporti delle città di Juliaca, Arequipa e dell’hub turistico di Cusco sono stati sospesi, lasciando i viaggiatori bloccati. Machu Picchu, la cittadella Inca, è stata chiusa a tempo indeterminato. Gli analisti affermano che le implicazioni per l’economia del Perù sono gravi. Alfredo Thorne, ex ministro delle finanze, si aspetta che le ricadute spingano l’economia in recessione nel primo trimestre dell’anno. Boluarte, che come Castillo un tempo apparteneva al partito marxista Peru Libre, ha indispettito molti rappresentanti di sinistra. I suoi detrattori dicono che li ha traditi, perchè il suo gabinetto sarebbe pieno di centristi e conservatori.