Capodanno di disordini a Milano al grido “Allah Akbar”

L’episodio ha portato all’identificazione e alla denuncia di quattordici persone da parte della polizia e dei carabinieri, con accuse legate al reato di vilipendio, previsto dagli articoli 290 e 291 del codice penale.

I ragazzi identificati, di età compresa tra i 16 e i 23 anni, sono principalmente di origine marocchina, tunisina ed egiziana, ma tra loro figura anche un cittadino italiano residente in un piccolo comune del Pavese. Quest’ultimo, secondo le indagini preliminari, sarebbe l’autore principale degli insulti all’Italia e del gesto del dito medio ripreso nel video. I giovani erano presenti a Milano per festeggiare il Capodanno e si trovavano nella piazza, affollata da oltre 25.000 persone, durante i festeggiamenti spontanei. Alcuni di loro sono stati filmati sul piedistallo della statua a Vittorio Emanuele mentre urlavano insulti e offese.

La squadra Mobile e il Nucleo informativo dei carabinieri stanno verificando le immagini per stabilire se gli insulti pubblicati sui social costituiscano effettivamente vilipendio alla Repubblica, alle istituzioni costituzionali o alle forze dell’ordine. Gli identificati provengono da diverse province lombarde e piemontesi. Alcuni hanno precedenti per reati contro il patrimonio, mentre due stranieri irregolari identificati durante la serata sono stati trasferiti al Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr).

Parallelamente, è in corso l’analisi di un secondo video in cui un tiktoker guineano intervista alcuni giovani nordafricani. Nel filmato, uno di loro dichiara di non festeggiare il Capodanno per motivi religiosi, seguito da una preghiera in arabo e dal grido “Allah Akbar”. La Digos sta anche indagando su altri episodi avvenuti quella sera, tra cui l’esposizione di una bandiera della Palestina e cori contro Israele. Inoltre, sono stati segnalati atti di violenza come una breve sassaiola contro la polizia in una zona di Milano e l’uso di fuochi d’artificio contro vigili del fuoco ad Abbiategrasso, impegnati nello spegnimento di un incendio.

Tre degli identificati erano già stati sottoposti a un ordine di allontanamento in base al provvedimento delle “zone rosse”. Tuttavia, resta da chiarire se gli insulti generici e le offese pubblicate sui social possano effettivamente configurarsi come reato perseguibile.

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