Dopo uno stallo durato quasi tre mesi, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di sbloccare l’impasse politica convocando per questa mattina Carlo Cottarelli, per conferirgli con tutta probabilità un mandato che punti a formare un governo del presidente con limitati obiettivi, non solo temporali. In primis quello di una modifica della legge elettorale per tornare al voto, presumibilmente già ad ottobre. Un mandato presidenziale che si troverà di fronte il primo grande ostacolo rappresentato da una maggioranza parlamentare ostile. La prima sfida dunque per Cottarelli sarà quella di ottenere la fiducia in Parlamento. Non è dunque escluso che l’iniziativa del capo dello Stato si traduca in un mandato ancora più limitato per l’ex commissario alla speding review: traghettare il Paese verso le prossime elezioni con l’attuale legge elettorale.
La giornata già delle prime ore era apparsa nervosa, con i vari leader politici insolitamente silenti. Poi nel pomeriggio l’annuncio della salita di Conte al Quirinale, accompagnato da un velato ottimismo, destinato però a svanire di fronte al protrarsi del colloquio. Dopo qualche ora l’avvocato pugliese annuncia che rimette l’incarico, chiudendo anche l’ultima possibilità alla nascita di un governo politico sostenuto dal contratto tra Salvini e Di Maio. A spingere Mattarella verso questa soluzione hanno senz’altro contribuito i toni sempre più accesi usati nella polemica politica intorno al braccio di ferro col Colle sulla figura del ministro designato dalla coalizione giallo-verde al Tesoro, l’economista euroscettico Paolo Savona, una casella sulla quale il capo dello stato facendo valere le sue prerogative, ha cercato tuttavia una mediazione che non escludeva molti dei nomi già ventilati dagli stessi leader della coalizione. Un tentativo evidentemente fallito. Ecco allora la carta Cottarelli, il cui nome era già trapelato nel toto-premier delle scorse settimane. Una carta che Mattarella ha tenuto coperta fino ad oggi. E che ora gioca nel tentativo di evitare che la crisi politica si trasformi in una più pericolosa crisi istituzionale.
«Nessuno può dire che ho ostacolato la formazione del Governo» spiega Mattarella di fronte alle telecamere, e aggiunge: «Il mio dovere è tutelare i risparmi degli italiani, avevo chiesto un nome politico, devo firmare i decreti per le nomine dei ministri assumendone la responsabilità istituzionale, in questo caso il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia che non ha subito né può subire imposizione».
Mattarella, rivolgendosi direttamente ai cittadini, prova così anche a capovolgere la narrazione di questi giorni, rompendo un assedio dai toni sempre più ostili, come la richiesta di impeachment arrivata dai vertici pentastellati, seguiti sullo stesso terreno da FdI.
Le cronache degli incontri avuti dal capo dello stato con i leader di M5S e Lega parlano di un muro eretto da Salvini e di Maio di fronte a ogni ipotesi alternativa proposta da Mattarella per sbloccare la crisi, compresa quella di nominare come ministro dell’economia al posto di Savona, il vice segretario della Lega Giancarlo Giorgetti, un esponente politico del Carroccio con posizioni comunque critiche verso le politiche economiche europee.
La lettura data dal Colle, dunque, è quella di un inspiegabile veto di Movimento 5 Stelle e Lega verso qualunque soluzione di mediazione, espresso in un modo che viene definito assolutamente rigido, seppure all’interno di un colloquio descritto come cordiale.
Dure le reazioni arrivate ancora una volta dall’altro fronte dopo l’incontro, con Salvini che ha ribadito: «Il governo con la Lega parte solo senza veti. Per l’Italia decidono solo gli italiani», cui ha fatto eco Di Maio: «Allora diciamocelo chiaramente che è inutile che andiamo a votare, tanto i governi li decidono le agenzie di rating, le lobby finanziare e bancarie. Sempre gli stessi».
Mattarella, riferisce chi gli ha parlato in questi giorni e in queste ore, aveva messo in conto la possibilità di subire attacchi personali, ma ha meditato profondamente sui passi spinto da ben altre preoccupazioni. E prima ancora del pericolo di un voto anticipato in autunno, per l’inquilino del Colle c’è quella di non avere un governo nella pienezza dei suoi poteri, che possa varare una manovra più ambiziosa di un mero esercizio provvisorio, con un obiettivo non sufficiente, ma necessario: sterilizzare l’aumento dell’Iva. Ci sono infine le prossime scadenze europee, con l’Italia attesa alla prova dagli altri partner.