Le elezioni in Catalogna hanno dimostrato che il vero sconfitto del voto e’ il premier spagnolo Mariano Rajoy, leader del partito popolare, di fatto scomparso nella Generalitat, crollato da 11 a soli 4 seggi. Ma soprattutto, malgrado le formazioni indipendentiste che governavano il ‘Parlament’, disciolto da Rajoy che ha indetto le elezioni odierne, abbiano vinto ma arretrando, la sfida del premier all’indipendenza della Catalogna e’ fallita. Cio’ malgrado l’exploit del partito centrista e super-unionista Ciudadanos, che a Madrid consente a Rajoy di tenere in piedi il suo governo di minoranza, e a Barcellona e’ la prima formazione con 36 deputati dai 25 di soli due anni fa. Ora si apre un rebus politico-legale senza precedenti per la Spagna e la Catalogna. Il nemico numero 1 di Rajoy, l’ex presidente della Generalit catalana, Carles Puigdemont, fuggito in Belgio per non finire in prigione, come il suo ex vice e leader di Erc, Oriol Junqueras, e’ alla guida del primo partito indipendentista ‘Junts per Catalunya’ con 34 seggi. Puigdemont potra’ rivendicare il diritto a governare di nuovo la Cataklogna ma se dovesse mettere piede in Spagna farebbe la fine di Junqueras, in carcere con l’accusa di malversazione, sedizione e ribellione, rischiando fino a 30 anni di reclusione. Segue tra gli indipendentisti proprio l’Erc di Junqueras con 32 seggi, cui si aggiungeranno necessariamente, malgrado i veti prima delle elezioni, gli estremisti di sinistra indipendentisti del Cup che con i loro 4 deputati faranno superare la soglia della maggioranza di 68 su 135 membri del Parlamento, ma arretrando a 70 seggi sui 72 uscenti. Significativo, ma numericamente irrilevante al fine di una vittoria degli unionisti, ‘exploit di Ciudadanos, della 31enne Ines Arrimadas, andalusa ma da un decennio in Catalogna. Rajoy esce sconfitto dalla scommessa sul voto anticipato anche se dalla sua parte aveva la legge. Era stata la Corte Costituzionale a sancire che il referendum del primo ottobre era illegale e quindi anche la dichiarazione di indipendenza unilaterale del 27 ottobre e che la Generalita’ andava commissariata come prevede l’art. 155 della Costituzione del 1978. Ma ad un politico abile, la sola legge non basta. Rajoy avrebbe dovuto gestire la rivendicazione indipendentista della Catalogna, peraltro minoritaria prima del referendum del primo ottobre e diventate maggioritarie dopo le assurde scene di violenza che videro la polizia nazionale e la Guardia Civil – costrette dalla non azione della polizia locale, i Mossos d’Esquadra, che non obbedirono agli ordini dei giudici catalani di impedire il referendum – usare la forza contro gli elettori indipendentisti. Ora Rajoy si trova con il suo rivale Puigdemont (che si crede una sorta di generale Charles de Gaulle contro la Francia occupata dai Nazisti ed il governo collaborazionista di Vichy) che pensa di governare “in esilio” dal Belgio la Catalogna. Non solo. Il leader del secondo partito vincitore e’ in galera. Domani e’ previsto un Consiglio dei Ministri ma finora da Madrid non giunge alcun commento. Posizione di Rajoy che ha anche messo in difficolta’ il simbolo dell’unita’ nazionale post-franchista in Spagna, il re, prima Juan Carlos e ora Felipe VI.