Le autorità cinesi demoliranno 40 chilometri quadrati di presunte strutture illegali a Pechino, una decisione che impatterà migliaia di lavoratori sottopagati in mezzo a una strada. Inoltre, ha annunciato il sindaco Chen Jining citato dalla Bbc, “si continuerà con la chiusura dei piccoli negozi che operano da aperture illegali nel muro”. Gia’ lo scorso novembre, a Pechino erano state rase al suolo baracche e rifugi di fortuna dove vivevano migliaia dei migranti interni affluiti nella metropoli con la speranza di un lavoro migliore. La motivazione ufficiale delle autorità era stata la sicurezza: un incendio scoppiato poco tempo prima a Daxing, un sobborgo sovraffollato a sud della capitale, aveva provocato la morte di 19 persone. Ma l’intento non è semplicemente impedire nuovi incidenti: Pechino punta a contenere la crescita delle metropoli cinesi, limitando il numero dei residenti, nel timore degli effetti deleteri di una popolazione eccessiva sulla fornitura di beni e servizi, come strade, ospedali, acqua e simili. Per la capitale, ricordava allora l’Economist, il limite massimo abitativo secondo le autorita’ cinesi e’ non piu’ di 23 milioni di abitanti entro il 2020: un obiettivo quasi impossibile da mantenere – già oggi sono quasi 22 milioni – a meno di non colpire duramente i migranti interni e spingerli a tornare nelle province d’origine. Secondo la Banca Mondiale, entro il 2030, ben il 70% della popolazione cinese vivrà nelle città.